Sin dal primo momento, sabato scorso, il Giornale ha pensato che fosse quantomeno sorprendente il cambio di strategia di Marco Tronchetti Provera, numero uno di Telecom. Fino a ieri aveva raccontato a mezzo mondo che la fusione tra Telecom (telefoni fissi) e Tim (cellulari) avrebbe creato valore. Ora, dopo solo un anno, fa l'inverso e punta tutto sulla media company. Quando un manager di una società quotata cambia così repentinamente strada a giudicarlo sarà il mercato (che ieri ha plaudito all'operazione) e il mercato della «reputazione». La presa di posizione fatta ieri da mezzo governo Prodi più che sorprendente è invece inaudita.
Il premier ha infatti detto: «La mia è una reazione di sorpresa, circa dieci giorni fa ho avuto un colloquio cordiale e approfondito con Tronchetti e non mi ha assolutamente accennato ad una ristrutturazione societaria così importante e radicale. Il governo ha il diritto di conoscere il contenuto e le motivazioni...». Eppure solo tre giorni prima una nota di palazzo Chigi recitava: «Riguardo a un ipotetico altolà alla vendita Tim da parte del Presidente del Consiglio necessita di una secca smentita. Le fantasiose interpretazioni giornalistiche che attribuiscono al governo intromissioni ultimative sulle scelte e le politiche industriali di società italiane e internazionali vanno esattamente nella direzione opposta». Con lui si dicono più che preoccupati e ostili all'operazione ministri di mezzo governo. Fassino, straordinario, ha il coraggio di dire che «si tratta di un'operazione molto diversa da quella annunciata», minacciando anchegli fiamme e fuoco.
Una buona pattuglia di questi ministri si troveranno oggi sull'aereo che li porta a Nanchino in Cina per fare il porta a porta del made in Italy. Ma con che faccia, mianxi la chiamano da quelle parti, si presentano.
Tanto per iniziare non si rendono conto che Tronchetti avrebbe potuto dire loro nulla in anticipo sull'operazione, viste le nuove norme sul market abuse. E d'altronde non era forse stato lo stesso Prodi a dire di avere saputo della fusione tra Banca Intesa e SanPaolo (banche rette da manager a lui legati) solo a cose fatte? O forse dobbiamo pensare che le visite di Giovanni Bazoli a Palazzo Chigi siano state più proficue dal punto di vista informativo di quelle di Tronchetti?
Non è stato forse il governo di D'Alema e Bersani a permettere che la Telecom venisse scalata da Colaninno e Gnutti e che a loro volta riempissero i libri delle Tlc con 43 miliardi di debiti (due più di oggi)? Insomma i ds di questo governo non hanno da dire nulla quando ci si lamenta del debito che ha obbligato Tronchetti all'operazione di scorporo di Tim e rete. Ma andiamo avanti. Non è forse stata la maggioranza che sostiene questo governo a fare una sacrosanta campagna contro il protezionismo messo in campo da Antonio Fazio nel settore bancario? Ora che si fa? Nell'industria si adottano metodi faziani.
L'impressione è che il governo Prodi voglia essere dominus dell'economia italiana, una sorta di cabina di regia delle grandi operazioni. Sulle banche la prima freccia ha preso il bersaglio.
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