Milano - Non ha mai creduto alla favola bella di Lady D. Negli anni Ottanta Tina Brown ha raccontato il fallimento del matrimonio reale, oggi mette a nudo il lato oscuro della principessa. Dolce e compassionevole con i bisognosi, ma spietata con chi voleva allontanare da sé. Ambiziosa al punto di rubare Carlo alla sorella maggiore, di rimanere vergine pur di sposare il suo principe. Per riscoprire il passato, Tina Brown è tornata nel suo Paese, la Gran Bretagna. Dopo aver lasciato il New Yorker per l’avventura di Talk, lontana dai riflettori, preparava il rientro sulla scena come scrittrice: migliaia di documenti letti, 250 interviste, mesi e mesi di lavoro per arrivare a The Diana Chronicles. Il libro arriva ora in Italia, pubblicato da Corbaccio.
Nel libro lei cita una frase: «Ormai ne abbiamo avuto abbastanza di Diana - e io sono Diana». Come mai una nuova biografia?
«Volevo scrivere un libro umano, intimo e raccontare anche la sua epoca, gli anni ’80 e ’90».
Qual è il fascino di Diana?
«È l’ultima icona tragica: ci sono Jfk e Jacqueline, Marilyn Monroe e Diana. Glamour e passione: una grande eroina romantica».
È vero che il principe Carlo era attraente?
«Sì, lo era. So che, oggi, sembra impensabile, ma da giovane era elegante e raffinato: per Diana era come una rockstar».
E oggi?
«Ha molte qualità. È un visionario, alla Al Gore. I suoi interessi per l’agricoltura biologica, l’ambiente, la cultura islamica lo fanno apparire in gamba».
Una cronista dell’epoca ricorda: «Eravamo innamorati di Diana: siamo stati noi, i media, a costringere Carlo a sposarla». È così?
«I tabloid hanno giocato un ruolo enorme nel matrimonio. Anche oggi hanno un potere immenso».
Perché Diana li ha conquistati?
«Cercavano una ragazza senza passato per il principe. Alla fine degli anni ’70 lei era forse l’ultima vergine dell’isola. Tutti si chiedevano: “È quella giusta?”. Il pubblico diceva di sì e, per Carlo, era importante».
La sua morte è stata un incidente?
«Nell’inchiesta non ho trovato nulla di sospetto. Il caos di quella sera è stato creato da Dodi. Non aveva esperienza di come gestire la celebrità».
Nessuna cospirazione?
«Dodi decideva all’ultimo minuto, e ogni dieci minuti cambiava idea. Pianificare era impossibile».
I paparazzi hanno colpe?
«Nessuno muore per una foto. Non c’era bisogno di guidare a quella velocità. E Diana aveva rifiutato la protezione reale».
Lei racconta anche il suo lato oscuro. Diana rubò Carlo a sua sorella. Era così ambiziosa?
«L’aristocrazia era spietata. Nel gioco per accaparrarsi l’uomo giusto, tutto era concesso. Lei voleva diventare principessa».
Un romanzo alla Jane Austen?
«Molto simile. Le aristocratiche raramente andavano al college: Diana faceva la baby sitter e le pulizie».
Chi è Diana oggi?
«Non c’è. Lei era un mistero: oggi non si deve più indovinare nulla».
Che cos’è la celebrità nell’era post-Diana?
«Una moneta svalutata. Tutti e nessuno. Manca quel tocco di inaccessibilità».
Che cosa ha cambiato Diana nel rapporto coi media?
«Tutto. La sua popolarità era enorme, grazie a lei i giornali guadagnavano un sacco di soldi. Oggi cercano solo di rimpiazzarla».
Anche Diana li cercava?
«La principessa aveva un’attrazione fatale per i media, li capiva istintivamente. Poi è diventata dipendente: telefonava ai giornalisti, voleva il loro affetto. Lo zio di Dodi ne è convinto: suo nipote e Diana, quella sera, volevano farsi notare».
Carlo è stato un ripiego per Camilla?
«Camilla adorava Carlo, ma il suo grande amore è stato il primo marito, un rubacuori».
Davvero lei faceva colpo?
«Da giovane era molto vitale, sexy e divertente. Perfetta per Carlo».
Chi ha vinto alla fine? Camilla o Diana?
«Camilla. Però Diana non sarà mai dimenticata».
Il principe William e la fidanzata sono i nuovi Carlo e Diana?
«Kate è molto più sofisticata, ma è una celebrità qualunque. Diana era speciale».
Che rapporto c’era fra Tony Blair e Diana?
«Quando incontrai la principessa a New York, poco prima che morisse, era entusiasta di Blair».
Blair era a Oxford con lei, ma ha detto che non era abbastanza intelligente per partecipare alle sue feste.
«Ma no, io lo adoro. Ha un carisma straordinario. Per Gordon Brown sarà molto difficile. Per fortuna non devo votare in Inghilterra».
Ma voterà negli Stati Uniti. Per chi?
«Hillary Clinton. Voterei Al Gore, ma non si candiderà. E mi piace John McCain».
Hillary può vincere?
«Hillary può fare qualunque cosa. È indistruttibile».
Meglio i nobili britannici o l’élite di New York?
«New York. L’aristocrazia britannica sta morendo».
Perché è così invidiata?
«Quando si fa carriera nei media è normale crearsi dei nemici».
Jamaica Kincaid, scrittrice, l’ha definita «Stalin coi tacchi alti e i capelli biondi». Come mai?
«Ero stufa di pubblicare i suoi racconti».
Toby Young, suo ex collaboratore, ha detto che lei ha fatto un solo errore, lasciando il New Yorker: «Non voleva essere un’impiegata, ma un magnate dei media». È vero?
«Sì. Poi Talk è fallito: era il momento sbagliato».
Al New Yorker cacciò 79 persone e ne portò 50. Di chi è più orgogliosa?
«David Remnick, che ha preso il mio posto».
Avrebbe parlato di Harry Potter?
«Certo. È meraviglioso: ha spinto a leggere i bambini di tutto il mondo».
Sedurre i lettori è la sua ossessione?
«Sì: è come una guerra».
Il prossimo passo?
«Un altro libro. Sto cercando il personaggio giusto».
Tony Blair?
«Sarebbe splendido. Ma ci sta già pensando da solo...».
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