Ieri Emma Marcegaglia ha fatto un doppio colpo. È riuscita nel suo discorso di insediamento come presidente della Confindustria a ristabilire il contatto con la sua base. Ha parlato per i tremila presenti allAuditorium, ma anche e soprattutto per le centinaia di migliaia di imprenditori che erano fuori dalla sala romana. Nel contempo ha ripreso un filo, solido, di contatto con il nuovo governo Berlusconi. Con un discorso semplice e concreto ha spazzato via le ombre della contestazione di Vicenza. Si ricomincia.
Il segno distintivo dei due nuovi governi (quello della Confindustria e quello del Paese) sembra essere il pragmatismo. Berlusconi a Napoli ha dato subito lidea di un governo coeso, di un leader riconosciuto e di provvedimenti apparentemente di immediata efficacia.
Emma Marcegaglia ha adottato uno stile simile. La femminile concretezza delle sue parole rappresenta un cambiamento in Confindustria. È una discontinuità che oltrepassa la politica. Il senso della Confindustria damatiana è stato quello della sfida, della ricerca della rottura, della provocazione per esaltare le contraddizioni del Paese. I quattro anni di Montezemolo sono nati sotto lala dellapparenza, dei son et lumière. Sono stati anni di slogan suggestivi e di identificazione nel leader. E ora si cambia. La Confindustria ritorna (forse anche in risposta allo spirito dei tempi governativi) rappresentanza di interessi concreti.
Il neo presidente ha ricordato lo statuto dellimpresa, citando due economisti tra tutti: Bhagwati e De Soto. Il primo difensore dei liberi commerci, ostile a dazi e chiusure; il secondo teorico dellimportanza delle Istituzioni al fine del corretto funzionamento del mercato.
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