Oscar Eleni
da Bologna
Ruben Douglas, luomo che sorride, cerca fra i papaveri il pallone per chiudere la prima finale e lo trova dopo essere stato il protagonista nellinizio sfavillante della Fortitudo, dopo aver trovato lenergia per tenerla in vita questa squadra di mattocchi, con molte fasce elastiche per una stagione pesantissima, che stava complicandosi la vita dopo essere stata avanti di 21 punti allinizio del secondo quarto. LArmani ci ha messo un tempo a capire in quale cerchio infernale si giocano le finali scudetto, diciamo che è arrivata in ritardo come i suoi tifosi bloccati sullautostrada, ha cercato una logica, si è domandata se oltre alla fame di successo poteva servire una difesa più tosta, un attacco più ragionato e quando ha capito ha scoperto pure che Gelsomino Repesa, per far respirare i suoi titolari, si è trovato nella rete dove Rombaldoni e Rancik hanno tirato calci come muli, ma non agli avversari, bensì alla loro squadra.
Poteva essere una mattanza dopo il primo quarto chiuso da Bologna sul 27-8, con Milano che trovava il primo canestro dopo 613 con Joseph Blair, il suo totem intorno al quale ha pregato poco quando invece doveva essere lui la luce per i non credenti, cominciando da McCullough per finire al James Singleton che ha trovato il suo cielo quando già cera il temporale anche se poi è stato il miglior rimbalzista. La Fortitudo, gente, è fatta così. Rimonta 19 punti come a Roma quando la dai per spacciata e poi si mangia capitali nella finale, nel momento in cui doveva mandare a Milano un segnale di forza superiore che, in realtà, non è arrivato lasciando aperto il discorso per la notte di sabato quando saranno in 12000 a ringhiare insieme allOlimpia che ieri ha comunque emozionato Giorgio Armani che nella cena alla Braseria, dopo la gara, non sembrava avvilito e non soltanto per le prelibatezze che gli regalava Ivo.
Climamio pazza come il tempo, felice quando poteva sfruttare il vento e la voglia di francobollare tutto ed è nata in difesa, nel primo quarto, la vittoria corroborata da alte percentuali (61%) poi scadute al 41% quando la fatica, la superficialità facevano andare tutto in aceto. La caccia iniziale è stata fatta con tutti i sacri crismi, mettendo le mani su ogni linea, su ogni pezzettino di pelle. Palle recuperate, gioco fluido mentre Lardo doveva ricorrere allusato più sicuro, Djordjevic e Coldebella, oltre a Blair, per dare vita ad unOlimpia che nel peccato si purificava poco a poco, arrivando anche a 5 punti, diga toccata spesso, ma mai superata.
Nel viaggio verso lo scudetto le pretendenti si sono misurate e pesate. Milano che temeva i lunghi avversari, li ha neutralizzati bene, anzi li ha colpiti spesso nei punti dove faceva più male, ma Rancik era proprio quello che Milano non sopportava per gli sbalzi dumore e questo Lorbek è tornato a fare il cucciolo timido. Serviva uno Smodis più sano, ma i suoi guai muscolari lo hanno tenuto fuori spesso, lui si è battuto bene a rimbalzo, ha sbagliato una serie incredibile di suoi tiri 4 su 12, cè stato come cuore, ma non come consistenza.
Per Milano, la strada da battere sembrava quella sugli esterni, ma quando Basile, un Gianluca che davvero si trascina, che perde palloni incredibili, che rimedia al male con il bene che ha dentro, perché il suo spirito maschera cento errori, ha messo le manette a Calabria in partenza si è capito che il centrocampo milanese avrebbe sofferto. È accaduto perché Douglas ha infilato subito il corridoio dei giocatori ispirati, ha tenuto in piedi lattacco con precisione, poi ha cancellato le voglie del gatto arruffato di Brooklyn il Mc Cullough che non ha retto il passo.
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