Draghi: «Euro irreversibile Eccessivo il peso dei rating»

La frenata c’è, così come il rischio di una nuova recessione. Ma nonostante le prospettive economiche di Eurolandia siano «soggette ad alta incertezza», la Bce deve continuare a fare il proprio mestiere. Inutile proporre confronti con la Fed Usa, più libera di agire: se l’Eurotower cominciasse a prestare denaro ai singoli Paesi, «perderebbe credibilità». Davanti all’Europarlamento, Mario Draghi tocca tutti gli argomenti più «caldi» del momento, soffermandosi anche sull’eccessivo peso attribuito alle agenzie di rating, che devono, invece, essere «solo uno dei tanti elementi di valutazione» da parte degli investitori.
Il numero uno della Bce non sembra molto preoccupato per un possibile declassamento della Francia, «ma nel caso avvenisse sarebbe importante valutare l’impatto che avrebbe sul fondo salva-stati Efsf». E a proposito del firewall anti-crisi, l’ex governatore di Bankitalia è tornato a sollecitarne la piena operatività, consapevole che l’accordo Ue sull’unione fiscale rende sì le finanze pubbliche dell’euro zona «credibili e solide», ma da solo non risolve la crisi del debito. Tanto più ora che Londra ha preso tempo sulla sua partecipazione al rafforzamento del Fmi (deciderà nel 2012), mentre l’Ue ha deciso ieri di aumentare la propria quota a 150 miliardi (23,5 il contributo italiano). Nelle parole di Draghi sul deterioramento del ciclo non c’è nulla di nuovo, ma i mercati accusano il colpo, riducendo i guadagni (-0,16% Milano) e riportando lo spread Btp-Bund vicino a quota 500, senza curarsi del passaggio in cui Draghi respinge gli scenari catastrofici su un break-up dell’euro e sottolinea di «essere certo dell’irreversibilità della moneta unica».
La situazione resta d’altra parte delicata. Le manovre di risanamento potrebbero far da volano alla recessione (ma «solo se sono fatte di sole tasse»), e si rischia una crisi di liquidità. Non deve succedere. «Tutto il 2012 sarà difficile per le banche», ma queste ultime devono mantenere aperti i rubinetti del credito. Ecco perché la Bce, lo scorso 8 dicembre, ha adottato misure per i prestiti a tre anni: danno «la possibilità agli istituti di continuare a prestare a imprese e famiglie».

Insomma: la Bce ha fatto ciò che poteva; ora tocca agli istituti, che non hanno alternative «al procedere con le ricapitalizzazioni», anche se sarebbe stato più agevole muoversi potendo contare su un fondo salva-Stati già in funzione.

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