Draghi: questo governo ha dimenticato le riforme

Il governatore di Bankitalia: «Dalla Finanziaria restano fuori le politiche di rilancio. Il processo avviato da Bersani si è fermato»

Fabrizio Ravoni

da Roma

Il governo ha dimenticato la rotta riformista. L’unica che può assicurare la crescita del Paese. È questo il messaggio politico più forte che emerge dall’intervento di Mario Draghi alla Giornata mondiale del risparmio. Ed è un messaggio che il governatore della Banca d’Italia modula e articola fra attese (di interventi futuri), inviti (a non modificare i saldi di finanza pubblica), preoccupazioni (come quelle sul Tfr) e apprezzamenti (di obiettivi).
Approva la legge finanziaria nei saldi di finanza pubblica. La manovra - dice - «mira ad assicurare la stabilità finanziaria per gli anni a venire». Non un commento, però, sugli interventi per realizzare gli obbiettivi. Non è un mistero (l’ha detto in audizione) che Draghi avrebbe preferito una maggiore incisività sulla riduzione delle spese e un minore ricorso al prelievo fiscale per correggere la rotta dei conti pubblici. Per queste ragioni, invita il Parlamento a non «attenuare lo slancio verso il risanamento strutturale della finanza pubblica». Invito analogo a quello già rivolto da Almunia.
Ma un conto è correggere la dinamica del deficit, un conto è creare le condizioni di risanamento strutturale, indispensabile alla crescita. Capitolo che Draghi relega nello scompartimento delle attese. Alcune anche deluse. «Il grosso delle politiche di rilancio della crescita resta fuori dall’ambito della legge finanziaria», lamenta il governatore. Come le riforme tratteggiate dal Dpef: delle pensioni, della sanità, del pubblico impiego, degli enti locali. Di queste riforme non c’è traccia nella manovra. Scelta che Draghi accetta: non hanno effetti diretti sui saldi. Ma non vorrebbe trovarsi di fronte a quel che è avvenuto sulle liberalizzazioni. E ricorda che nelle sue Considerazioni finali aveva spronato il governo a introdurre misure per la concorrenza «eliminando protezioni corporative e rendite monopolistiche, che pesano sui costi delle imprese e sui bilanci delle famiglie».
In estate - ricorda - il governo (con il decreto Bersani, ndr) ha «compiuto passi verso una maggiore apertura dei servizi». Poi quel processo si è fermato. «È auspicabile che si prosegua in questa direzione di marcia». Soprattutto se si vuole ridurre il gap di crescita economica con gli altri partner europei.
Le preoccupazioni del governatore si concentrano sull’operazione Tfr. Da un decennio si parla del ruolo fondamentale che i fondi pensione possono avere per la capitalizzazione delle imprese e per la creazione del secondo pilastro previdenziale. Il governo li sblocca, ma al tempo stesso introduce nella legge finanziaria il trasferimento all’Inps di una quota del flusso di tfr inoptato dai lavoratori.


La scelta del governo con l’operazione Tfr - sottolinea Draghi - «non deve implicare conflitti con l’obiettivo dello sviluppo della previdenza complementare». In altre parole, non deve fare concorrenza ai fondi privati. «I lavoratori devono essere messi nelle condizioni di scegliere con cognizione di causa».

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