da Roma
Lincredibile caso del mostro di Foligno. Lallarme sociale di intere città, come Napoli, che si sentono alla mercé delle migliaia di piccoli (e grandi) camorristi usciti da Poggioreale e dalle carceri di tutta Italia. Le critiche del «solito» Antonio Di Pietro, che sulla scorta del caso Chiatti ritiene «necessario un ripensamento operoso da parte del centrosinistra in materia di giustizia», in quanto «che si mettano fuori i detenuti o si facciano leggi che minano lindipendenza della magistratura non è possibile: lefficace azione della giustizia deve dare sicurezza ai cittadini, soprattutto alle parti lese, e non solo umanità a coloro che sono nelle carceri». Le critiche del ds Paolo Brutti, che chiederà al guardasigilli «che in alcun modo il detenuto Chiatti possa beneficiare dellindulto, perché sarebbe un segnale che dalla comunità sarebbe interpretato come un grave cedimento della giustizia». E persino il cattolicissimo quotidiano dei vescovi, Avvenire che scrive: «È giusto premiare chi dice ucciderò con più prudenza?».
Ce nè abbastanza perché Clemente Mastella si senta accerchiato, con il cerino acceso in mano. Così, alla festa della polizia penitenziaria, presente il presidente Napolitano, il Guardasigilli cerca di rompere lisolamento. Insomma, protesta, lindulto che ha fatto uscire dal carcere 23.543 detenuti mica lha voluto solo lui, mica «è figlio di nessuno...». «È stato votato da una larghissima parte del Parlamento - si ribella -, con eccezioni a destra e a manca, anche se a volte leggendo le cronache politiche sembra che le eccezioni siano state superiori a una volontà parlamentare così estesa...». Lindulto perciò «non deve essere considerato come un atto di resa da parte dello Stato, rispetto a una situazione delle carceri divenuta ormai insostenibile».
Il ministro ricorda come «la condizione delle carceri italiane con la quale siamo stati costretti a confrontarci era caratterizzata dalla presenza di oltre 60mila detenuti e necessitava di un atto che si ponesse a presupposto per avviare un articolato e rilevante processo riformatore». Sui 23mila e passa detenuti che ne hanno beneficiato, aggiunge ancora Mastella, «sono rientrati in carcere, perché colti in flagranza di reato, in 742, con una percentuale del 3 per cento». Lindulto «non è un gesto di finta solidarietà, non un dispetto alla voglia di giustizia, non una gratificazione anticipata a chi non la merita». Ingenerose, dunque, secondo Mastella, molte delle critiche piovute. Anche perché «questo atto deve essere inquadrato invece in una prospettiva più ampia, di ammodernamento del sistema delle pene, significando che con ciò dovranno seguire, a breve, misure di riorganizzazione ma anche e soprattutto riforme strutturali che dovranno investire il sistema penale e penitenziario». Dice il ministro che «la reclusione dovrà essere considerata come una misura punitiva estrema riservata alla criminalità organizzata, ai delinquenti abituali, a coloro che commettono reati che destano grave allarme sociale. Mentre più spazio dovrà essere conferito a sanzioni diverse, irrogate in alternativa alla detenzione ordinaria».
Riguardo alle carceri, Mastella pone laccento sulla necessità di «rendere effettiva la differenziazione delle condizioni di detenzione tra i detenuti in attesa di giudizio e condannati in stato di esecuzione della pena», pensando anche a potenziare una rete di strutture per ospitare madri con bambini o adulti che «in condizioni gravi o gravissime di salute siano dichiarati incompatibili con il carcere».
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