(...) Anche da parte delle (culturalmente) inadeguate opposizioni cittadine.
L'idea che sottende alla manifestazione è collaudata: l'Italia è ormai una ridda di festivals, meetings, rassegne dedicati ai vari temi del sapere e strutturati alla stessa identica maniera: si va dalla geografia alla letteratura, dall'architettura alla psicologia etc.. Non poteva mancare la storia, e infatti, da qualche anno, sia Torino che Bologna organizzano le loro belle manifestazioni riservate all'argomento. Genova non arriva per prima, dunque, anzi. Ma tant'è, l'iniziativa di per sé è buona e la gente accorre numerosa al pasto nudo della conoscenza per abbeverarsi assetata dove cola l'ambrosia avvelenata dal preconcetto ideologico. Così vai con i palestinesi vittime e l'ebreo assassino (facendo arrabbiare giustamente il relatore Shlomo Sand), vai con l'esaltazione del Risorgimento anticlericale, con le sperticate lodi conservatrici in salsa antiberlusconiana dell'intoccabile Costituzione da parte dello Scalfari nazionale. Conferenze, spettacoli teatrali, musica, tutto all'insegna del monocolore rossofumé. Eccezion fatta per il buon Marcello Veneziani, unico nota stonata del coro, convitato di pietra per salvare la faccia (vecchia tecnica della sinistra italiana), relegato al tema poco sensibile della globalizzazione. Perché non c'erano voci dissonanti e scomode un Franco Cardini, un Pansa o un Arrigo Petacco? Oppure un serio storico della cultura cattolica come il nostro Vassallo? Perché abbiamo dovuto sorbirci il basso sapere di un non storico come Maggiani o gli sproloqui del regista rossiccio Davide Ferrario, che di storia conosce a mala pena la sua? Vogliamo poi parlare della faziosissima lettura delle simbologie italiche offerta dal professorone travagliesco Paul Ginsborg? Signori miei, la sinistra costruisce così il proprio consenso, se continuiamo a lasciargli terreno libero e non ci accorgiamo delle astute lezioncine ideologiche che propina alla gente, non prenderemo mai la guida di questa città.
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