Cronaca locale

«Da due anni qui si sentiva puzza di gas»

Una fiammata e la palazzina d’epoca è «saltata» come una bomba

Enrico Lagattolla

L’aria satura che si accende. Il boato che sfianca il palazzo come fosse di cartapesta. Uno squarcio che lo denuda. Detriti, ovunque. Via Lomellina all’ora di cena è polvere, calcinacci e macchine sfondate, ambulanze e barelle a decine. Un’espolsione ha squarciato il civico 7. L’appartamento al secondo piano è saltato come una bomba. In strada, i superstiti. E ventuno feriti. Ma delle 58 persone che abitano in quell’edificio, qualcuno manca ancora all’appello. Almeno due dispersi. Di certo, a notte inoltrata, è che sotto le macerie restano i cadaveri di tre persone. Tommaso Giaccola, 62 anni, che in quel palazzo abitava, Ilir Ianki, 30 anni albanese, travolto sul marciapiede dalla facciata dell’edificio, e un bambino. Cercato per ore. La madre lo ha aspettato, seduta su una lettiga. Il suo è stato un lamento che non sentiva ragioni. «Trovate Franceso», e nient’altro. Quattro ore di attesa, poi l’urlo che ha spento ogni speranza. Francesco è morto.
Ha sette anni, il bambino. È sepolto dai resti della sua casa, al primo piano. I vigili del fuoco scavano nei sei metri di macerie che si accatastano sullo scheletro della palazzina. Niente, per ore. «Ho paura - ripete la madre - trovate mio figlio». Viola ha 31 anni, suo marito Saverio 34. Erano al bar-tabacchi, là sotto, quando è scoppiato l’inferno. O in quel che resta del bar, dove i due lavoravano. Del locale ora si vede ben poco, sepolto dai resti dell’edificio. Le chiedono dove fosse il figlio al momento dell’esplosione, in quale stanza. Forse giocava con la «Play station», in camera. Lì fiutano i cani delle unità cinofile. Lì arriva il robot dei pompieri, con telecamera e sonda. Un’altra arriva direttamente da Bergamo. «Le ricerche proseguiranno tutta la notte», ripetono le forze dell’ordine. Altri corpi, forse, devono essere individuati.
Un silenzio irreale, trenta minuti dopo le undici. Francesco viene trovato. Il corpo è immobile, coperto di polvere e calcinacci. I volontari del 118 tentano di rianimarlo. Nessuna risposta. A fatica la madre si regge in piedi. Viene prima accompagnata sul luogo in cui si stanno svolgendo le ricerche. Poi è allontanata. Scoppia in lacrime, viene sorretta dai parenti. «Franci, scusami, non dovevo lasciarti solo...», le uniche parole. Ora ha smesso di sperare. Suo figlio è morto.
Quel che resta, a quattro ore da quel boato, è la rabbia degli inquilini del civico 7. Perché «da due anni abbiamo denunciato ai tecnici che dalle tubature si sentiva puzza di gas». Gli artificieri hanno trascorso ore per cercare l’origine di questa esplosione. Sulle cause, però, le idee sono chiare. «Una dispersione di gas, una scintilla che ha innescato l’esplosione». Ma - a quanto raccontano tutti - quella fuga di metano non è stata la prima. L’allarme dei condomini non sarebbe stato raccolto. I tecnici dell’Aem giunti sul posto smentiscono di aver ricevuto segnalazioni a proposito. Ma più di un inquilino è pronto a giurare il contrario. Sarà la Procura ora a dover fare luce sull’accaduto. Toccherà al pubblico ministero Luigi Orsi accertare le eventuali responsabilità. Un boato all’ora di cena ha ucciso tre persone.

Quell’edificio ridotto a cartapesta, forse, nasconde altri dispersi.

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