MilanoPrima o poi, qualcuno spiegherà in modo credibile che il modo più razionale per vendere cinquemila biglietti per una finale è costringere gli aspiranti a una coda di due giorni e due notti davanti a una sola agenzia di banca - una sola per tutti i tifosi dItalia! - dalle parti del Lorenteggio, periferia ovest di Milano. E siccome il tifoso interista è un animale paziente, magari si farà anche convincere.
Ma ieri, al momento di coronare il sogno, a qualcuno giravano i santissimi. E davanti alla Bpm di via Massaua appare uno striscione senza mezzi termini: «Questo è il regalo ai tuoi tifosi dopo trent'anni che ti seguono aspettando una finale. Due notti in strada per quattromila biglietti. Impara dal Bayern, ventimila tutti in prelazione. Vergogna».
Ma è uno sfogo o poco più. Per un popolo che aspetta da quarantacinque anni la coppa dei campioni, cosa mai possono essere due giorni di fila? Accampati tra strapuntini e wc chimici, con gli acquazzoni che colpiscono a tradimento e gli sfottò via sms degli amici milanisti, i tremila hanno atteso pazienti. Moratti e Mourinho, che qualche senso di colpa per questa prova damore inflitta ai supporter dovevano evidentemente provarlo, venerdì sera sono passati a benedire il serpentone, e si sono presi pure qualche applauso. Perché a qualcuno scappi proprio la pazienza è necessario che alla corvé si aggiunga la presa in giro: come accade a due amici di nome Massimiliano Bianchi e Davide Curci, che dopo linterminabile coda scoprono che esistono solo due tipi di abbonati interisti che non hanno diritto al biglietto, e sono - chissà mai perché - quelli che hanno comprato la tessera alla Fiera del Levante di Bari e al Winterstore di piazza San Babila, cioè al negozio ufficiale della società. I due sulle prime pensano a uno scherzo crudele, quando capiscono che è davvero così vanno su tutte le furie. Chiedono di parlare con i capi della banca. Niente da fare. Il 22 maggio la partita se la vedranno alla tele.
Caso limite e - fortunatamente - isolato. Per gli altri la lunga attesa non è altro che lennesimo cilicio indossato con lorgoglio del penitente, la centesima dimostrazione che se uno non ha da espiare orrende colpe commesse in una vita precedente non ha motivo di tifare Inter. Perché in fondo anche ieri, infreddoliti e assonnati lungo il percorso obbligato, i bauscia sanno perfettamente che questa dello Special One e dei suoi trionfi annunciati è una parentesi e nulla più, che tra un mese o tra un anno lo Special volerà via come Mary Poppins appeso a un ombrello, e tornerà il consueto, normale Golgota dei 5 maggio e dei Villareal, di Beccalossi che sbaglia due rigori di fila e di campioni indimenticabili come Marcos Vampeta. Ma intanto, in coda, si sogna: alla faccia dei cugini rossoneri e dei loro sms di sfottò.
Il genio del male che ha organizzato tutto questo, ieri mattina ha un sussulto di umanità: e gli sportelli della banca, che avrebbero dovuto restare blindati fino alle 11, alle 9.30 miracolosamente si aprono. Colpo di regia o scherzo del caso, il primo della fila, il primo che si conquista il biglietto, è un tifoso che sembra scelto apposta per fare da testimonial dellanimo internazionale dellInternazionale Fc: un cinese che vive in Polonia, che per motivi imperscrutabili tifa Inter, è iscritto a un Inter club, ha la tessera di San Siro e a Madrid ci vuole essere: si chiama Ren Yang. Ma dietro di lui cè la galleria consueta delle facce milanesi, la sciura Gisella che porta in coda i suoi 89 anni di cui gli ultimi venti con tessera nerazzurra, il signor Carlo, il signor Raul.
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