Due miliardi di perdite: un giovane trader mette Ubs in ginocchio

Quando un po’ di luce sembra intravedersi alla fine del tunnel al colosso bancario svizzero Ubs accade sempre qualcosa che induce i mercati alla preoccupazione. Ieri l’istituto elvetico ha reso noto di aver subito perdite per circa due miliardi di dollari (1,44 miliardi di euro) a causa di operazioni «non autorizzate» effettuate da un trader della divisione investment banking. Una circostanza che potrebbe portare in rosso i conti del terzo trimestre 2011.
La polizia di Londra ieri ha arrestato Kweku Adoboli, trentunenne dipendente dell’istituto, sospettato di truffa. La giovane età e l’ingente somma dilapidata riportano alla memoria clamorosi casi analoghi. Come quello di Jérôme Kerviel, il trader di Société Générale che nel 2007 causò una perdita di 5 miliardi di euro con le sue transazioni sballate. O come il fallimento di Barings Bank nel 1995 determinato dall’azzardo su alcuni future operato dal trader della filiale di Singapore Nick Leeson che, dopo iniziali successi, cercò di nascondere le perdite sotto il tappeto ma l’ammanco di un miliardo di sterline fu scoperto ugualmente. Condannando la banca della regina a essere rilevata dagli olandesi di Ing.
Le rassicurazioni sul fatto che «non ci saranno ripercussioni per la clientela» non hanno tranquillizzato la Borsa e, a Zurigo, Ubs ha lasciato sul terreno oltre il 10% chiudendo a 9,75 franchi. Finma, la Consob svizzera, non ha certo minimizzato sostenendo che si tratta del caso più grave mai accaduto nella storia del sistema bancario della Confederazione. E così un’altra stazione si è aggiunta alla via crucis che l’istituto sta percorrendo dal 2007. Prima la crisi dei subprime che ha comportato svalutazioni per oltre 40 miliardi di dollari (28,8 miliardi di euro) e l’intervento del governo di Berna che ha rilevato il 9% circa del capitale e asset tossici per 60 miliardi di franchi (50 miliardi di euro). Poi la grande fuga dal risparmio gestito di Ubs nel 2009 e la causa intentatale dal governo Usa per aver coperto alcuni evasori fiscali americani. L’atteggiamento collaborativo nei confronti di Washington fu sanzionato dall’esecutivo svizzero orientato a difendere il segreto bancario.
Una parete da scalare di elevata difficoltà che l’ad di Ubs Oswald Grübel sembrava essere riuscito a dominare conseguendo un utile di 2,8 miliardi di franchi nel primo semestre 2011 dei quali 1,2 riconducibili proprio alle attività di investimento. E Grübel non intende mollare neanche questa volta. «Quanto accaduto non cambierà la forza della nostra azienda: vi invitiamo a restare concentrati sulla clientela che conta su di voi per superare questo periodo di incertezza finanziaria sul mercato», si legge in un messaggio inviato ai dipendenti della banca.
La morale di quanto accaduto ieri, tuttavia, è forse un’altra. Nonostante lo scorporo dell’investment banking dalle attività di banca commerciale e di risparmio gestito, il sistema dei controlli interni delle grandi istituzioni internazionali ha ancora delle falle.

«Buchi» virtuali e reali nei quali riescono a inserirsi personaggi come Adoboli che a soli 31 anni viveva in un lussuoso loft da 4mila sterline al mese nella centralissima Brick Lane e che nella pagina Facebook non nasconde la sua passione per le enoteche ricercate. Troppo peso sulle spalle di giovani rampanti che desiderano emulare il Gordon Gekko di Wall Street e, come lui, finiscono dietro le sbarre.

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