S inging in the rain. Leggero come uno yogurt magro, sensibile come la chiglia di Alinghi, Valentino Rossi ha danzato nella pioggia di Donington con gli stessi ritmi di Gene Kelly. E ha vinto per la settima volta. Nulla a che vedere con lo sport. Niente di sudato, di drammatico o di faticoso: la sua è musica. E questa musica che arriva da dentro a muovere un animale dacciaio con il cuore e la manetta del gas (i freni no, chi li ha mai visti?), lo ha guidato sul traguardo in mezzo alla bufera dacqua. Gli ha indicato la rotta mentre attorno a lui centauri comuni scivolavano, si scontravano, si spiaccicavano, si rialzavano, smoccolavano, arrancavano in questa valle di lacrime.
God bless America. Feroce come un leone tenuto in piedi a yogurt magro, affilato come la prua di Alinghi, Lance Armstrong ha pedalato con la bandiera americana sulla sella facendo incazzare i francesi come solo ai tempi di Bartali. E portandosi a casa il settimo Tour, sè guadagnato il ticket per limmortalità. Nulla a che vedere con lo sport. Niente che riguardi esclusivamente una fuga, una maglia gialla, il dolore provocato dallacido lattico o la leggenda trita del Mont Ventoux. La sua è scienza. E proprio questa lucidità da cavaliere postatomico, questa capacità di non temere più nulla dopo aver visto comè fatto il cancello dellinferno («Il cancro mi ha fatto rinascere»), lo hanno spinto sul traguardo più impossibile. Sette Tour de France consecutivi non è facile vincerli neanche a correrli da soli.
Due modi di essere immortali
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