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Due ore di libertà per Vallanzasca: incontra la mamma

Dodo Perri, uno dei più noti «musher» europei, travolto da un gommone mentre faceva subacquea

Andrea Acquarone

«Uno dovrebbe conoscerla mia mamma. Piccolina, minuta, tutta bianca coi capelli color neve...». Stropicciava quegli occhi blu che fecevano impazzire le donne ma che diventavano più duri del ghiaccio quando premeva il grilletto uccidendo, il «bel René». Parlava di lei. Marie, la sua mamma ormai vecchia e malandata, ma anche la donna, forse l’unica, che mai lo ha abbandonato nella sua esistenza. Prima di duro di periferia, poi di boss tragico e spietato, infine di ergastolano senza speranza.
Marie così gracile eppure forte come una leonessa.
Il «bel René» è Renato Vallanzasca, uno detenuti numeri uno d’Italia. Sante il bandito scappava in bicicletta, lui rombando su auto rubate, facendosi largo a colpi di mitra. Fu il rapinatore assassino protagonista delle cronache nere degli anni '70-80. Ma di mamma ce n’è una sola, si sa. E di fronte a lei, anche il cattivo con la faccia d’angelo si scioglie.
Già da un paio d’anni l'ex boss della Comasina chiedeva con insistenza il trasferimento dal carcere di Voghera a quello di Milano per poter essere più vicino alla sua «vecchina». Ha 89 anni ed è malata. Lo scorso anno, il 1° maggio, René, 56 anni di cui 36 trascorsi (tra un’evasione e l’altra) dietro le sbarre, era riuscito a coronare il suo desiderio: una breve visita a casa di Marie nell'appartamento antico di via Porpora a Milano. Ieri l'abbraccio si è finalmente ripetuto. Stavolta però nell’ospedale dove la donna è ricoverata ormai da mesi. Una visita di due ore. Ottenuta con grande fatica. Già il 15 giugno dell’anno scorso Vallanzasca si era presentato di persona al Tribunale di sorveglianza chiedendo ancora di uscire di cella. Per farle visita. Ma i giudici risposero picche. Il suo avvocato, Alessandro Bonalume, non si è arreso. E stavolta, malgrado il parere contrario della Procura generale, il Tribunale di Sorveglianza ha detto sì. Persino Marie dal suo letto d’ospedale aveva supplicato, rivolgendosi all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Chiedendo la grazia per quel suo figlio «maledetto» ma amato.
Il sostituto procuratore generale, Gustavo Cioppa, nonostante tutto, aveva chiesto di respingere la domanda di permesso per Vallanzasca, facendo presente che non erano ravvisabili i motivi di particolare urgenza. Ma il tribunale ha evidentemente voluto andare incontro al desiderio dell'anziana donna. «Al permesso che gli fu recentemente negato - aggiunge l'avvocato - il signor Vallanzasca ha fatto ricorso, perché le motivazioni addotte a quell'opposizione non gli sembravano giuste. D'altronde una donna novantenne con gravi patologie non deve necessariamente essere a rischio per destare allarme. Ritengo che il Tribunale di sorveglianza, composto da magistrati competenti, abbia dimostrato di avere anche un cuore e una coscienza».
René ieri è uscito, dunque, dal carcere di Voghera e, sotto stretta sorveglianza, ha raggiunto la clinica dove sua mamma è ricoverata. Lo scorso anno l'incontro tra i due era avvenuto senza problemi. Avevano pranzato insieme, con loro anche la compagna dell’ex boss, Antonella. «Renato - ha ribadito lei più volte - non è più il bandito Vallanzasca, è un uomo che la lunga detenzione ha completamente cambiato. In lui non c'è più alcuna pericolosità. Ecco perché sono convinta che una eventuale concessione della grazia renderebbe solo giustizia a una profonda trasformazione umana in un soggetto che ha abbandonato ogni forma di violenza».
Lo stesso Achille Serra, il prefetto di Roma che da commissario di polizia per anni diede la caccia al «bel René» adesso si dice contento. «Non certo per lui - chiarisce -.

Le mie domande al Dap di avvicinarlo a casa - puntualizza Serra - non erano certo richieste in suo favore, ma una sorta di dovere morale verso quell'anziana donna che ha seguito il figlio, fino a quando ha potuto, in tutte le carceri e in tutti i processi».

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