Due poltrone in più al Senato E Di Pietro acchiappa il "segretario"

Leggono solo l’ordine del giorno, ma costeranno 500mila euro all’anno. E l’Idv pur di avere uno dei suoi nel direttivo fa cambiare il regolamento

Due poltrone in più al Senato 
E Di Pietro acchiappa il "segretario"

Roma - Abbasso la Casta, basta privilegi. Degli altri, beninteso: quando c’è ciccia da spartire, gli integerrimi uomini dell’Italia dei Valori sanno dare senso al nome. I valori sono valori e un «segretario d’aula», per esempio, al giorno d’oggi «vale» oro. Non che sia utile a qualcosa - il lavoro d’aula lo fanno i funzionari -, però sa leggere con voce stentorea (non sempre, in verità) il «processo verbale» all’inizio di ogni seduta su quel che si è combinato nella precedente. Lavoro faticoso, si direbbe persino usurante, che costa alla collettività, tanto per dare un’idea, almeno 250mila euro in più l’anno rispetto a quello di un senatore «semplice». Mica bruscoletti, avrebbe detto Antonio Di Pietro.

A Palazzo Madama, dopo aver fatto fuoco e fiamme, i dipietristi hanno incassato la sospirata poltroncina con il placet generale (o quasi). Se non fosse stato per i radicali Marco Perduca e Donatella Poretti, entrambi Pd, la «riformina» dipietrista che fa strame del diritto e del buon senso sarebbe passata alla chetichella. «Un accordo notturno del partito di Di Pietro con l’arcinemico Cavaliere, alla vigilia di una grande manifestazione anti-Berlusconi convocata a reti unificate per il 5 dicembre prossimo», denunciano. Polemiche politiche a parte, fatti e circostanze rendono la vicenda esemplare. Subito dopo le scorse elezioni politiche, sulla scorta di complicate trattative tra Di Pietro e il Pd, l’Idv aveva rinunciato a esprimere il proprio segretario d’aula. Passato un po’ di tempo, gli inesperti dipietristi hanno capito che non sta bene lasciare briciole nel piatto. Hanno perciò cominciato a reclamare la loro poltroncina di seconda fila: dagli e dagli, il Consiglio di Presidenza ha raggiunto infine l’accordo. Facendo dimettere uno dell’opposizione, come aveva invano proposto il senatore del Pd, Alberto Maritati? Macché, sarebbe stato scortese. Meglio aggiungere due posti a tavola: uno al dipietrista designato (Aniello Di Nardo?), un altro alla maggioranza, per rispettare il principio di rappresentatività proporzionale.

Così gli indefessi senatori ieri hanno votato la deroga all’articolo 5 del Regolamento, valida soltanto per questa legislatura, come un sol uomo: 239 sì, 12 no e 15 astenuti. Un trionfo, tanto più che il costo per le casse dello Stato si aggirerà soltanto sul mezzo milione in più l’anno. Al segretario d’aula difatti spettano circa 3.

400 euro in più di indennità (il lavoro di lettura in aula è di grande responsabilità); 11mila e rotti per i propri collaboratori (è un’attività che consente di mettersi in mostra, e dunque va adeguatamente gestita la propaganda); un ufficio di rappresentanza con segretaria; l’auto blu. Dulcis in fundo: ottomila euro l’anno per «elargizioni» ad associazioni e istituzioni. Anche gli amici del segretario d’aula hanno diritto a far festa, perbacco.

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