da Washington
Per alcune ore lAmerica ha guardato due lancette: quella dellorologio e quella che segna, inesorabile come in tutte le guerre ma ridotta a spettacolo dellera elettronica, il conteggio dei morti. Dei caduti americani, in questo caso. Due fonti statistiche egualmente rispettabili continuavano a dare somme differenti: per luna 2.000, per laltra 1.999. Fra quelli che aspettavano cera George Bush, che aveva un appuntamento per un discorso alle mogli dei soldati. Non poteva però ignorare le vedove, e così ha affrontato largomento dal suo lato più difficile e diretto, con franchezza. Ha «adottato» momentaneamente il conto a 1.999 e ha ammonito le ascoltatrici e la nazione che lelenco continuerà ad allungarsi. E la morte, in serata, di un soldato ferito, ha confermato le sue parole: le vittime Usa in Irak sono 2.000.
«Abbiamo perduto alcuni fra i migliori uomini e donne di questa nazione nella guerra al terrore. Il tempo di guerra è il tempo di sacrifici. Abbiamo dellaltro lavoro da fare, ed esso comporta grandi rischi per gli iracheni, per gli americani, per i nostri alleati. Occorre prepararsi. Nessuno deve sottovalutare le difficoltà che ci attendono. I terroristi sono il nemico più brutale che ci sia capitato di incontrare, ignorano le regole della guerra e le leggi della normale umanità. Ma non dobbiamo neppure sottovalutare la nostra forza. Alcuni osservatori guardano al lavoro che ci attende e scivolano verso il pessimismo. Questo non è giustificato. Rinunciare alla nostra missione è impensabile. Il modo migliore di onorare i sacrifici dei caduti è invece completarla e gettare le fondamenta della pace estendendo la libertà».
Il presidente si è riferito a quello che ha sempre detto di considerare il compito più importante dellAmerica in Irak e anche la parte di maggiore successo della missione: i progressi politici e costituzionali. Ha salutato come una vittoria il risultato del referendum di dieci giorni fa, annunciato ieri ufficialmente, che ratifica la nuova Costituzione per Bagdad, dopo un «riconto» che il governo di Washington definisce accurato in risposta alle accuse di brogli. Questa Carta costituzionale, ha ripetuto Bush, «è un passo molto importante nella riforma democratica dellIrak, perché apre la strada alle elezioni di un nuovo Parlamento con pieni poteri in calendario per il 15 dicembre... In base a ogni standard o precedente nella storia, i progressi che ha fatto lIrak sono incredibili: dalla tirannide alla liberazione, alle elezioni alla ratifica della Costituzione. Il tutto in due anni e mezzo».
Bush ha dedicato laltra metà del discorso a un possibile conflitto futuro, quello con la Siria, che della guerra irachena potrebbe essere la diretta conseguenza.
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