E adesso Bagdad litiga sul debito con i fratelli arabi

Stoccolma. Appello ai Paesi arabi del Golfo perché cancellino la loro parte del debito iracheno. La richiesta viene dal premier iracheno Nouri al-Maliki in occasione dell’apertura della conferenza Onu sull’Irak a Upplands Vasby, in Svezia. Secondo le stime americane, il debito iracheno ammonterebbe a circa 70 miliardi di dollari, la maggior parte accumulata durante il regime di Saddam verso Arabia Saudita, Kuwait, Emirati e Qatar. Gli Stati occidentali hanno già cancellato la loro fetta del debito iracheno. In più ci sono ancora 28 miliardi di dollari da pagare per l’invasione del Kuwait da parte di Bagdad nel 1990. Per questi, l’Irak paga già il 5% degli incassi tratti dalla vendita del petrolio. «Il debito - spiega Maliki - è un ostacolo alla ricostruzione del Paese, che il mio governo è riuscito a risparmiare dall’abisso della guerra civile». Presenti oltre 500 delegati di 97 Stati. Tra questi, il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. E mentre per la Rice le violenze in Irak sono ai minimi storici dopo 4 anni, per l’iraniano Mottaki l’alleanza guidata dagli Usa che ha invaso l’Irak è la vera fonte della gravità della situazione. Scopo di Washington è quello di convincere gli arabi sunniti ad appoggiare il governo dello sciita Maliki.

La conferenza è stata anche l’occasione per incontri bilaterali che il ministro degli Esteri Franco Frattini ha avuto sia con Ban Ki-moon sia con la Rice. Secondo fonti diplomatiche, i due ministri si sono scambiati «brevi commenti sulla stabilizzazione e il consolidamento istituzionale del Libano dopo la nomina del nuovo presidente, e sull’Afghanistan».

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