Sarà un terremoto. Prima ancora che per le sinistre o per il Partito democratico messi allangolo da una vittoria carica di significati, leffetto Sarkozy sarà un terremoto per la destra italiana. Uno sconvolgimento salutare che la costringerà a fare i conti con se stessa, a partire da questa domanda: «E noi, a che punto siamo?». Non sarà un processo indolore perché il voto francese ha dato una lezione scomoda e non facile da assimilare. Il coraggio di cambiare, si dice: Sarkozy ha vinto perché ha avuto il coraggio di innovare la proposta politica della destra francese. Non è solo questo. Ha vinto perché si è assegnato un compito ambizioso: ridare ai francesi dei punti di riferimento. Ha vinto perché ha capito che il dovere di una grande forza moderata è riempire il vuoto, le incertezze, le paure delle nostre società. Il discorso dei valori nasce da qui, ma i valori non basta enunciarli come a catechismo, occorre declinarli e Sarkozy ha fatto quello che la nostra destra non è ancora riuscita a fare o ha fatto solo a metà: li ha tradotti in scelte nette e concrete, in termini secchi e senza equivoci. Nel lavoro, nellistruzione, nei rapporti con limmigrazione, in tema di sicurezza, giustizia o ambiente. Libertà ma anche responsabilità, diritti ma anche doveri, tolleranza ma anche autorità («voglio una scuola dove gli alunni si alzano in piedi quando entra linsegnante»), giustizia sociale ma anche sacrificio e meritocrazia. Ricette impopolari che però hanno restituito ai francesi qualcosa di cui, loro come noi, avvertono la mancanza: lorgoglio di unidentità perduta, un senso di appartenenza messo in crisi dalla dissoluzione della famiglia, dalla perdita di ruolo della scuola, dalla disaffezione al lavoro, da uninvasione di stranieri, dalla perdita di contatto con le radici cristiane: da un relativismo dilagante. Ha vinto perché ha spedito in soffitta vecchie categorie della politica, ridisegnato i termini dello scontro tra destra e sinistra, proposto un orizzonte diverso: «La Francia è una sintesi che ricomincia continuamente».
Ma soprattutto ha convinto perché ha tenuto diritto il timone e la rotta, senza sbandare, senza spostare il proprio programma anche nei momenti più difficili quando dalle sinistre o dalla destra più estrema veniva bersagliato da una campagna di aggressione senza precedenti. Perché ha contato solo sulla forza delle idee facendo affidamento su una verità coraggiosa: «Il ruolo della politica è proporre un cambiamento e consentirlo». Sarkozy è una cultura politica di destra, conservazione e moderazione, che si libera dei complessi e torna a costruire sulle proprie tradizioni, un progetto che restituisce la Francia a chi ama la Francia.
Si torna così alla domanda iniziale: e la destra italiana a che punto è di questo percorso? È riuscita a declinare i valori della sua tradizione e a tradurli in scelte altrettanto lucide e nette? È riuscita a parlare al cuore del Paese in modo altrettanto rigoroso e razionale, sentito e appassionato? Penso al tema della legalità e dellimmigrazione che dovrebbe rappresentare uno dei caposaldi dellazione di An e oggi rischia di diventare la bandiera dei gruppuscoli più estremi. «Non siamo noi che dobbiamo adattarci agli usi e costumi degli immigrati, sono loro che devono adattarsi ai nostri», dice Sarkozy. Da Fini sono mai arrivate parole così chiare su un problema che incide a fondo sullidentità nazionale? Quando si tolgono i crocefissi dalle aule, si cancella il presepe, simpedisce ad un vescovo di entrare in un istituto piemontese, possibile che la risposta sia quella di perorare lora del Corano nelle scuole?
Questa è la lezione francese e lappuntamento che ha un partito deciso a cominciare a discutere su come riprendere il proprio cammino e restituire lItalia a chi ama lItalia.
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