E gli atleti finiscono dentro il bunker

Ottocento olimpionici trasferiti in un complesso blindato alle porte della capitale

Per gli atleti cinesi sarà black-out totale. Otto mesi, di qui al fatidico 8 agosto, data di apertura dei Giochi, in cui il divieto di contatto con il mondo esterno sarà praticamente assoluto. E per rendere più facile il rispetto degli obblighi imposti dalla potente Ssga (State sport general administration) la gran parte degli sportivi locali impegnati nelle Olimpiadi è già stata trasferita in un enorme complesso alle porte di Pechino. Si chiama «Centro di allenamento sportivo nazionale» (in base alla sigla inglese è conosciuto come Nstc) ed è distribuito con attrezzature di avanguardia su 200mila metri quadrati. A sorvegliarlo reparti armati dell’esercito, fino ad ora addetti alla sicurezza di ministri e alti funzionari del partito.
Le guardie «veglieranno» su circa ottocento atleti. Tra le prime nazionali a finire sotto chiave quella di ginnastica artistica e di sollevamento pesi. Su di loro il Comitato olimpico applicherà una censura se possibile ancora più rigida di quella che già colpisce i mezzi di informazione e che coinvolgerà gli atleti, ma anche medici sportivi, allenatori, funzionari delle Federazioni. Ogni tipo di partecipazione a eventi pubblici è stata proibita. Tutti i contratti pubblicitari firmati dagli atleti sono stati sospesi.
A ognuno è stato tassativamente vietato qualsiasi contatto con giornali e televisioni che non sia autorizzato. E quanto alle autorizzazioni è già stato chiarito che non ce ne saranno o quasi. «I nostri studi hanno dimostrato che l’eccessiva esposizione ai media è dannosa alla preparazione», ha spiegato tranquillizzante Feng Shuyong, vice direttore del centro amministrativo per l’atletica leggera. «I reparti armati, con la loro esperienza, garantiranno al meglio l’ordine e la sicurezza degli atleti», ha aggiunto Sun Weimin, vicedirettore del Nstc. Di fatto, ha scritto il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong, intervistare un cinese sarà una «mission impossible». Per chi non risiederà nel Nstc, l’enorme bunker alle porte di Pechino la situazione è praticamente identica. A Zhangzhou, nella regione meridionale del Fujian, c'è per esempio il quartier generale dove si allena la Nazionale femminile di pallavolo. Le atlete hanno dedicato alla stampa venti minuti nei primi tre giorni di allenamento, poi hanno iniziato i due mesi della preparazione invernale annunciando il totale silenzio stampa. A Tianjin, a nord della Capitale, si prepara la formazione di taekwondo. Anche in questo caso i giornalisti sono stati avvisati che non saranno concessi colloqui prima di febbraio.
Anche i contatti con le famiglie sono ridotti al minimo . Senza eccezioni.

Si è saputo per esempio che il campione olimpico dei 110 metri a ostacoli Liu Xiang comunica da tempo con la famiglia solo attraverso appuntamenti telefonici e la mediazione dei funzionari del Nstc. Il tutto, naturalmente, ribadiscono i dirigenti sportivi locali, per garantire la sua «tranquillità» ed evitare, «rischi di spionaggio sportivo».

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