E la Bussola portò l'Italia al centro del mondo

Una mostra racconta gli anni d'oro del locale tra divi, svolte culturali e concerti memorabili

E la Bussola portò l'Italia al centro del mondo
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Che mondo quel mondo. La Bussola di Bernardini. I divi. La canzone d'autore. Mina e Vanoni. Chet Baker e Adriano Celentano. Ora ci pensa una mostra a raccontarlo, quel mondo, e lo fa nel meraviglioso Palazzo Mediceo, che è patrimonio Unesco, e nelle Scuderie Granducali di Seravezza, provincia di Lucca, pochi chilometri dal mare. Si chiama Divismo Spettacolo Cultura - La Bussola di Bernardini (1950-1980) e sarà aperta fino al 29 settembre.

In poche parole, è un viaggio a ritroso nel tempo e nella nostra memoria attraverso 26 sezioni con documenti inediti, lettere autografe delle star più famose, locandine, fotografie che lasciano senza fiato tanto sono evocative e simboliche. Ci sono locali che fanno storia e la Bussola di Marina di Pietrasanta non ha bisogno di essere presentata perché, che diamine, è stato un crocevia di italianità, un detonatore culturale che da metà anni Cinquanta fino agli Ottanta ha fotografato la rinascita del Dopoguerra e quel boom che non è stato solo economico ma anche culturale, sociale, politico. Tanto per capirci, quando Renato Carosone inaugura la Bussola il 2 luglio del 1955 con un concerto che finisce alle 4 e mezza del mattino (con un cachet stellare, 160mila lire a serata), l'Italia era ancora piena di macerie, la tv era in bianco e nero, le vacanze erano un privilegio di pochi, pochissimi, e il «divismo» non era ancora diventato quel romanzo popolare che oggi i social sminuzzano secondo dopo secondo. La Bussola diventa una piattaforma di sperimentazione culturale raccogliendo, lanciando, mescolando stelle internazionali e divi in attesa di consacrazione. E, sala dopo sala, la mostra racconta come sia stato possibile che, grazie alle intuizioni di un visionario come Bernardini, su quel palco in riva al mare siano passati Adriano Celentano e Charles Aznavour, Mina e Aretha Franklin, Ray Charles e Gino Paoli, Vittorio Gassman e Jerry Lewis e Paolo Villaggio, Ginger Rogers e Marlene Dietrich, Raffaella Carrà, Califano e Battisti, Modugno e Patty Pravo. Capitava che Gianni Agnelli cenasse alla Bussola e poi salisse al Bussolotto per seguire Chet Baker che suonava con Romano Mussolini. Capitava insomma che la Bussola fosse il centro glamour di un'epoca e non soltanto, insieme con l'Olympia di Parigi e il Piper di Roma, uno dei tre locali più importanti d'Europa. «Bernardini trattò anche per avere i Beatles», spiega Davide Monaco, direttore generale della Fondazione Terre Medicee: «Garantì che, nonostante i posti disponibili fossero pochi, avrebbe pagato l'intero cachet, ma poi il manager dei Beatles disse di no».

Ma non sono soltanto i grandi nomi ad aver fatto grande la Bussola. È stato anche il gigantesco impatto di costume, la nuvola di racconti e leggende che ha avvolto quei favolosi anni con le maglie dei rotocalchi. Giusto per fare qualche esempio, il matrimonio di Peppino di Capri, le storie di Gino Paoli. E la purtroppo famosa notte del 31 dicembre 1968, la sassaiola, la sparatoria tra forze dell'ordine e manifestanti, un sedicenne paralizzato, l'ombra di Potere Operaio.

Poi arrivò Bussoladomani, l'ultimo concerto di Mina e la fine di un'epoca.

Oggi la Bussola «si è standardizzata, è una discoteca normale» dice Monaco, che alla mostra ha offerto anche alcune esclusive memorabilia. E proprio per questo girare tra le stanze di questa mostra serve a illuminare un'altra volta un mondo favoloso che non torna più (ma ci ha cambiato tutti).

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