E la cara, vecchia Route 66 a ottant’anni si rifà il trucco

I 3.300 chilometri d’asfalto tra Chicago e Los Angeles resi leggendari da Kerouac sono in fase di restauro: così la strada del mito torna a rivivere

nostro inviato a New York

Ottant’anni fa era un tratto. Doppia cifra: 66. Sterrata, piena di pietre e a un certo punto interrotta. La strada più famosa del mondo è nata da zero per diventare un sogno. Chicago-Los Angeles: dal freddo al caldo, dal lago al mare. Tremila e trecento chilometri trasformati in leggenda. La prima auto ci passò il 18 novembre del 1926 e si fermò dopo una manciata di miglia: l’asfalto era poco e le pretese troppe. On the road era lontano trentuno anni. Arrivò per l’epopea, il racconto della libertà che questa strada ha rappresentato: la via verso l’Ovest, la fuga dalla povertà, la traccia verso la ricchezza.
Si parte dal centro di Chicago e si attraversa il Midwest prima di sterzare a ovest in Oklahoma e a nord del Texas. Ecco Amarilli, dove c’è il Cadillac Ranch (con dieci auto con il muso piantato nel suolo seguendo l’angolazione della piramide di Cheope). Poi tocca a New Mexico e Arizona, prima di finire nel deserto del sud della California. Los Angeles: infinita. Magica. Jack Kerouac la scoprì dopo John Steinbeck: fecero la stessa strada per arrivare in posti diversi. La letteratura ha consegnato le 2.400 miglia della 66 alla storia e adesso le riporta in giro. Perché il sogno s’è stropicciato col tempo: l’asfalto s’è fatto marcio, la libertà è arrivata dappertutto, il freddo non fa più paura. Il declino era arrivato negli anni ’70: la mother Road fu cancellata dall’elenco delle Interstate nel 1985. Allora giù, nel purgatorio del mito, la trasformazione del luogo senza tempo in un luogo senza luogo. Gli angoli che hanno fatto la leggenda stavano per scomparire: «monumenti» Art-Deco o anni ’50 che rischiavano di essere distrutti. Uno di questi, alle porte di Los Angeles, è l’Azusa Foothill, l’ultimo drive-in dell’area, che ha chiuso cinque anni fa. Non è morto, perché qualcuno ha deciso che il sogno non poteva finire così: la 66 è sotto restauro, ora. La facciata dell’Azusa Foothill è stata recuperata. Primo passo. La California si attrezza per tenere in vita la striscia che ha alimentato il desiderio degli americani di incontrare il Pacifico. Così a Monrovia stanno recuperando l’Aztec Hotel, in stile art-deco neo-atzeca: era un pezzo storico. La 66 ci passava accanto e lì si fermava una notte. Tappe. Come quella del ristorante Magic Lamp a Rancho Cucamonga: la prima insegna al neon mai vista su una strada.

Poi il primo dei ristoranti McDonald’s, a San Bernardino, aperto nel 1948 e chiuso perché inutile. Adesso l’hanno trasformato in un museo. È fermo accanto al sogno: anche la Strada delle strade ha delle curve troppo a gomito.

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