Gianni Pennacchi
da Roma
Quando Gianfranco Fini, qualche sera fa in tv, diceva che «la protesta per la finanziaria e la solidarietà a Silvio Berlusconi vanno insieme», probabilmente non immaginava che la realtà sarebbe andata ben oltre laffetto. Tantè che il sabato del no tax day è diventato principalmente il Berlusconi day, il giorno del rilancio politico del leader della Cdl. Il malore di domenica scorsa ha messo in moto non solo unonda emotiva ed umana, ma anche una valanga politica che ha tacitato ogni mormorio o progetto che vorrebbe Berlusconi pensionato, senza altra chance che cedere la leadership. Ancor prima di vedere il palco di San Giovanni, si son dissolte le nebbie. Il capo indiscusso del centrodestra è ancora e sempre lui. E ciò, sconvolge i giochi e i progetti di molti, tanto nella Cdl quanto nellUnione.
Nel suo stesso partito, va detto. Perché non è un mistero che anche in Forza Italia ci si preparava da tempo alla successione di Berlusconi: serano andate formando cordate, raggruppamenti intorno agli esponenti più ragguardevoli, lanci di Opa sulleredità. Ora, nessuno più dubita che il leader guiderà il partito e la coalizione anche alle prossime elezioni politiche pur se verranno a scadenza naturale. Ma ad un ritorno in panchina è costretto anche Fini: il tempo del ricambio al vertice si dilata, e sarà obbligatorio il passaggio nel partito unico dei moderati trovandosi ormai sbarrata la scorciatoia delladesione di An al Ppe. Per non dire di Pier Ferdinando Casini, rimasto improvvisamente senza terreno di gioco. È da ancor prima le elezioni perdute, che il leader dellUdc dava per chiusa lesperienza della Cdl a guida berlusconiana, anche lassenza a San Giovanni e la trasferta a Palermo volevano rimarcare la «fine oggettiva» della leadership di Berlusconi. Ora Casini, deve fare i conti invece con la resurrezione politica di Berlusconi.
Non aveva colpito anche voi, lo straordinario calore del messaggio augurale inviato a Berlusconi da Romano Prodi? Lo stesso Berlusconi ha detto che le parole del premier son tra quelle che più ha gradito. Ma non cè dubbio che la riaffermazione della leadership berlusconiana rafforza anche quella prodiana, perché sfuma la possibilità di «voltar pagina» e vanno alle calende greche gli appuntamenti centristi tra Udc e Margherita. Paradossalmente, il ritorno in sella del Cavaliere tranquillizza le ali estreme dellUnione, rifondaroli, comunisti e verdi. Mentre taglia le gambe ai congiurati che da Quercia e Margherita preparavano il bis del 98. Il motivo è semplice: cè qualcuno più di Prodi, capace di tenere insieme un fronte anti Berlusconi che va da Oliviero Diliberto a Tonino Di Pietro?
Su queste analisi concordano, pur da fronti opposti, Pino Pisicchio e Roberto Maroni. Pisicchio dice che «da quel grande comunicatore che è, Berlusconi è riuscito nel capolavoro di trasformare un cedimento fisico in successo politico», leffetto che si avrà sabato sarà quello dei grandi eventi, «come i funerali di Berlinguer che diedero al Pci il sorpasso sulla Dc». Maroni invece, dice che «stavolta Berlusconi non ha fatto niente, è avvenuto tutto naturalmente», ma il risultato non cambia. Pisicchio non si stupisce del messaggio di Prodi a Berlusconi, «anzi mi sono stupito che non sia andato a trovarlo». Se non ci fosse stata la resurrezione politica di Berlusconi, «dallo schema schmittiano - Carl Schmitt - che porta ad identificare lavversario come nemico, si tornava allo schema parlamentare e alla dialettica tra i vari partiti», spiega ancora. Dunque ora ne guadagna ovviamente Prodi, «perché è lui a coagulare tutte le pulsioni antiberlusconiane: senza Berlusconi lUnione non avrebbe molte ragioni dessere». E di là, «oltre a Casini anche Fini dovrà abbassare la testa».
Maroni non ha difficoltà ad ammettere che la resurrezione di Berlusconi fa felice la Lega, «ci da un motivo per restare nella Cdl: ora tanto Casini quanto Fini devono fare i conti con la sua presenza, che politicamente è confermata e rafforzata».
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