E Chiamparino si candida a "mister X" dei democratici: "Segretario io? Ci penso"

Il primo cittadino di Torino irrompe nella guerra tra Bersani e Franceschini: "Molti mi hanno chiesto di scendere in campo". Solo il sindaco può sfidare gli apparati dei due "big". Ma teme di bruciarsi come come i leader degli ultimi anni

E Chiamparino si candida a "mister X" 
dei democratici: "Segretario io? Ci penso"

Roma «Certo che ci penso», dice Sergio Chiamparino. Che ammette: «Sono tantissimi quelli che mi hanno chiesto di scendere in campo, quindi è giusto rifletterci». Anche se «la priorità è rispettare il mio mandato di sindaco di Torino, che scade nel 2011».
Ma molti pensano che per Chiamparino non sia questo il momento giusto per la sua discesa in campo. Non c’è stato il rinvio del congresso, che era indispensabile al suo percorso per due motivi: per non mollare Torino (come Walter Veltroni mollò Roma) prima della scadenza, e prima di aver consolidato la prospettiva di far rivincere il centrosinistra. E per fermare sul nascere lo scontro Franceschini-Bersani, ergo Veltroni-D’Alema. Fare il «terzo uomo» tra di loro non è la sua partita: «In questo congresso non può esserci un terzo candidato vero, come sarebbe Chiamparino - spiega il veltroniano Ceccanti - perché ormai tutti i maggiorenti si stanno schierando, da una parte e dall’altra, e andranno fino in fondo contando anche l’ultimo voto. Non c’è lo spazio politico, e uno come il sindaco di Torino non si brucia prendendo il 10 per cento dei voti».
Intanto, però, Chiamparino ha raggiunto comunque il risultato di apparire come l’unica vera alternativa possibile, e accumulato un patrimonio di consenso e credibilità: in un partito avviato a uno scontro potenzialmente suicida e abituato a bruciare un leader ogni due anni, il momento giusto può arrivare prima del previsto. Anche perché, ai piani alti del Pd, l’uno e l’altro schieramento si interrogano sullo scenario surreale che potrebbe concretizzarsi di qui a pochi mesi, grazie al pasticcio statutario: tutti sono convinti che il congresso, quello dove votano gli iscritti, verrà vinto da Bersani e dalla macchina post-ds che gli sta dietro. Ma poi ci sono le primarie, quelle dove votano i passanti, e lì il segretario in carica potrebbe avere la meglio: un po’ per il suo stesso ruolo, un po’ per la maggiore visibilità, un po’ per una possibile mobilitazione a suo favore di Repubblica. E allora il Pd si troverebbe con due segretari, con diversa legittimazione, e chi dei due si farebbe indietro?
Chiamparino è intervenuto ieri al Lingotto di Torino, nell’assemblea promossa da quel gruppo di «giovani» del Pd, detti «piombini» dal primo luogo dove si sono riuniti, che chiedono a gran voce un rinnovamento del partito e che hanno anche loro tentato di spingerlo a entrare in scena. L’assemblea si è rapidamente trasformata nella prima palestra della campagna elettorale dei due candidati in campo, entrambi presenti. Come era presente (ma silenzioso) Veltroni, che ieri ha affidato il suo pensiero a Repubblica: «Mi tiro fuori, non tifo per nessuno dei due, il duello con D’Alema ha stufato me per primo. È l’ora dei giovani». Franceschini è e resta il candidato dei veltroniani, ma Walter non vuole mettergli il suo ingombrante timbro. E, indirettamente, sfida D’Alema a fare la stessa cosa con Bersani.
Ma anche se i generali si defilassero, gli eserciti si stanno comunque radunando. Franceschini sfida quei «dirigenti impauriti di schierarsi» a farlo, smettendo di sperare nel «terzo uomo» che non verrà: o di qua o di là, «non è guerra per bande o resa dei conti, è democrazia». Il congresso, se ne dice certo, «ci farà bene: i cambiamenti non passano da un accordo, ma dalla durezza dello scontro». Anche lo sfidante si dice certo della bontà del match: «Il congresso può farci fare un passo avanti, diventare un momento fondativo».

Ma indica obiettivi che vanno oltre la partita interna: gli italiani «devono capire che stiamo parlando di loro, e di noi in quanto vogliamo essere più utili a loro, a quei ceti popolari e produttivi da cui noi ci stiamo distaccando».

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