E la Cia controlla le operazioni bancarie

Roberto Fabbri

Migliaia di transazioni bancarie controllate negli Stati Uniti e all’estero nell’ambito della lotta al terrorismo dopo l’11 settembre 2001. Il Dipartimento del Tesoro Usa ha confermato, per mezzo di un comunicato firmato dallo stesso ministro John Snow, la notizia pubblicata dal New York Times: il monitoraggio avveniva sotto l’occhio vigile della Cia e veniva supervisionato dallo stesso dicastero economico di Washington.
Funzionari dell’amministrazione Bush hanno precisato che il programma era mirato a tenere sotto controllo soltanto i movimenti bancari di persone sospettate di intrattenere rapporti con Al Qaida; l’operazione avrebbe consentito l'arresto nel sud-est asiatico di figure di spicco dell’organizzazione terroristica islamica che fa capo a Osama Bin Laden: tra questi Riduan Isamuddin, meglio noto come Hambali, considerato l’ideatore dell'attentato del 2002 a Bali in cui morirono 202 persone.
Ma colpisce il fatto che una parte dei conti messi sotto la lente d’ingrandimento non fossero intestati a cittadini americani, e che il sistema adottato consentisse di spiare movimenti bancari che avvenivano all’interno di Paesi stranieri. Il programma segreto era reso possibile dall'accesso alla società belga Swift, centro vitale di informazioni finanziarie che gestisce giornalmente transazioni per 6 milioni di miliardi di dollari tra banche, intermediari finanziari, borse ed altre istituzioni.
La Swift, secondo il New York Times, non avrebbe collaborato volontariamente, ma «solo in seguito a una valida ingiunzione» da parte dell'amministrazione Usa. Nel 2003 i dirigenti della società belga furono ricevuti dal direttore dell'Fbi Robert Mueller e dall'allora presidente della Federal reserve Alan Greenspan. In quell'occasione furono offerte assicurazioni su maggiori controlli al programma per evitare abusi.
È stato proprio il sospetto che dietro queste attività d’intelligence potessero celarsi violazioni della legge anche gravi che la stampa Usa ha preso a interessarsi del programma, considerato di vitale importanza dal presidente Bush. Il New York Times, notoriamente lontanissimo dalle vedute dell’attuale inquilino della Casa Bianca, aveva già pubblicato il programma di intercettazioni telefoniche ordinato da Bush sottolineandone gli aspetti ai limiti della legalità e ora naturalmente sta facendo lo stesso con questo nuovo filone d’inchiesta. Il giornale sottolinea che nel caso della Swift il Dipartimento del Tesoro avrebbe fatto ampio ricorso a citazioni amministrative, mentre di solito l’acquisizione di dati finanziari su soggetti sospetti avviene per mezzo di mandati giudiziari specifici. Modalità insolite, che hanno appunto ingenerato nei reporter newyorchesi il dubbio di illegalità.
Il direttore del New York Times Bill Keller ha spiegato di aver ricevuto da parte di esponenti dell’amministrazione Bush richieste di soprassedere alla pubblicazione dell’inchiesta nell’interesse nazionale. «Abbiamo ascoltato attentamente i loro argomenti e abbiamo dato loro seria e rispettosa considerazione - ha detto Keller -. Rimaniamo però convinti che lo straordinario accesso dell'amministrazione a questo vasto deposito di dati finanziari internazionali, per quanto ne possa essere fatto un uso attentamente mirato, sia materia di pubblico interesse».


Un addetto stampa della Casa Bianca ha detto che «il presidente è preoccupato che ancora una volta il New York Times abbia scelto di rendere noto un programma segreto che lavora per la protezione dei cittadini. Uno dei maggiori strumenti nella lotta contro il terrorismo è stata infatti la nostra abilità di bloccare i fondi dei terroristi».

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