E come consulente c’è la moglie di Sircana

da Roma

La Rai naviga in cattive acque. Anzi, a dirla tutta, rischia di fare un vero e proprio tuffo in una cascata rossa di debiti aziendali: un vermiglio così intenso da fare impallidire quello del «tintore» di Fontana di Trevi. Basta andare a guardare la bozza del piano industriale 2008-2010 per rendersene conto. I numeri sono da brivido: 46 milioni di euro di deficit per il 2007, perdite per 188 milioni previste per il 2008 (su cui incidono gli acquisti sportivi degli Europei e delle Olimpiadi), 110 milioni nel 2009 e 191 milioni nel 2010 (l’anno dei Mondiali di calcio costati ben 170 milioni di euro).
Eppure, nonostante questo andamento del bilancio, si continuano a stipulare contratti e ad accendere consulenze esterne. Un esempio? Il caso di Livia Aymonino, moglie del portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana. Con la sua società, la «Sircana & Partners» (di cui detiene il 40% delle azioni mentre il marito ha ceduto le sue quote allo spin-doctor, Claudio Velardi, ex uomo ombra di Massimo D’Alema) si occupa di «promozione, comunicazione, co-marketing, ufficio stampa e pubbliche relazioni» per Raisat, la piattaforma che comprende RaiSat Extra, Premium, Cinema, Gambero Rosso, Smash e Yoyo. Un contratto stipulato il 26 luglio 2001, durante la gestione Zaccaria, e ancora oggi in essere, attraverso una serie di rinnovi a 4-6 mesi. L’ultimo rinnovo è avvenuto di recente, il 17 settembre 2007, e scadrà il 31 dicembre 2007. Il tutto per una cifra pari a 8750 euro mensili. Ma è molto probabile che il contratto venga rinnovato. Peraltro, trattandosi di accordi per cifre inferiori ai 100mila euro, la nuova stipula può avvenire senza indire una gara. Della sorte dell’appalto dovranno occuparsi il presidente di Raisat, Carlo Freccero, e l’amministratore delegato, Lorenzo Vecchione. Ma è possibile che sia la stessa direzione generale a dare indicazioni più restrittive, visto l’organico ipertrofico di Viale Mazzini che può contare su più di 10mila dipendenti.
L’imperativo dell’azienda, a questo punto, è stringere la cinghia, limitare i costi e tagliare le spese inutili. Il Piano industriale (decisamente scarno nella sua redazione) punta, ad esempio, alla «razionalizzazione» dei palinsesti, che vedrebbero una riduzione del 2% dei costi rispetto al 2007; reti e testate dovrebbero congelare i propri budget ai livelli del 2007, mentre per ciascun canale verrebbero fissati tetti per la produzione di fiction. Si cerca, inoltre, di recuperare fondi dalla vendita di immobili appartenenti all’Azienda. Non si parla di tagli al personale - al contrario della Bbc che ha proceduto al licenziamento di 1800 lavoratori - ma di una manovra di controllo delle dinamiche dei costi, manovra su cui resta una fitta coltre di nebbia. Ora la palla passa ai consiglieri d’amministrazione che entreranno nel merito delle sessanta paginette (tavole integrative comprese) del Piano. Lo scenario appare complesso. I consiglieri del centrodestra bollano come «fumoso» e privo di «scenari operativi» il documento.

E fanno capire che un piano così vago come quello redatto dal dg Claudio Cappon potrebbe avere un unico obiettivo: passare la patata bollente al cda e consegnare alla tolda di comando di Viale Mazzini l’onere di procedere con il «lavoro sporco».

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