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E D’Alema guida il «partito degli scontenti»

Si allunga la lista dei delusi che vedono sfumare il sogno di una carica. Mastella minaccia l’appoggio esterno

E D’Alema guida il «partito degli scontenti»

da Roma

Potrebbero formare un partito. Magari, potrebbero chiamarlo Pds. Presidente Massimo D’Alema, segretario Clemente Mastella, capogruppo Franco Marini: aderiscono, tra gli altri, la Rosa nel pugno, Pdci e diessini vari. È il nuovo Partito degli scontenti, composto dai delusi e dai trombati, che si è creato in pochi giorni nelle pieghe delle trattative per la squadra di governo e le cariche istituzionali.
D’Alema dunque, il grande sconfitto nella corsa a Montecitorio, può essere considerato il leader della nuova formazione. Dopo la rinuncia alla Camera, gli restano poche opzioni: una difficile ascesa al Quirinale, la Farnesina, il partito, la barca. Lui adesso fa il signore e la prende con filosofia: «Un posto ce l’ho già. E non sono un eroe, ho fatto una scelta politica».
Mastella invece è furioso: «Io con questi non ci parlo più, con Prodi non ho più nulla da dire». Nel centrosinistra, sostiene, ci sono figli e figliastri. Nonostante le promesse, il ministero della Difesa si allontana. Mastella è «offeso» e minaccia l’appoggio esterno a un governo «con cui non ho nulla a cui spartire: in un’auto che sbanda alla prima curva io non ci voglio stare». Questione di poltrone? Per Mastella Prodi sta dando troppo spazio a Bertinotti e troppo poco al centro, considerato come «un’ombra dantesca». «Voglio solo il riconoscimento - dice - che spetta a chi ha lavorato in una zona di confine e rappresenta il terzo partito del sud». Quanto ai metodi mastelliani di cui parlano i ds, «dimenticano che è proprio grazie ai miei metodi che D’Alema diventò premier».
Marini sceglie il profilo basso. A parte qualche battutina su Andreotti, resta in Abruzzo in speranzosa attesa della presidenza di Palazzo Madama. Ma la candidatura di Zio Giulio per lo stesso incarico rischia di farlo precipitare nel girone degli scontenti. Già nel 1999 aveva un piede dentro il Quirinale e restò con le mani piene di sabbia. Ora la storia si può ripetere.
Delusi anche quelli della Rosa nel pugno. Un risultato elettorale al di sotto delle aspettative, una serie di polemiche con la Quercia, un incontro venerdì con il Professore finito in un nulla di fatto. Pannella e Boselli speravano che Prodi appoggiasse le loro rivendicazioni sui cinque seggi del Senato «che ci spettano». Dovranno accontentarsi del ministero delle Politiche comunitarie a Emma Bonino. Quanto alle prospettive dell’alleanza, Pannella accusa i ds di voler dividere radicali e socialisti, aprendo solo a questi ultimi la porta del futuro Partito democratico.
E pure nel Pdci c’è molto mal di pancia. Il partito di Diliberto sta infatti soffrendo una sorta di gelosia nei confronti dei rivali del Prc, sicuramente più corteggiati.

Non a caso uno dei più velenosi contro le parole di Bertinotti sul dimagrimento di Mediaset è Marco Rizzo: «Fausto sbaglia, non sono i lavoratori che devono pagare».

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