E finalmente il Dito si è «sfidanzato»

L’avevano ribattezzato il «fidanzamento ideologico». Loro, il gruppo artistico Urluck, avevano infatti scelto proprio la notte di San Valentino per la performance che avrebbe fatto risvegliare il Dito di Cattelan con un vistoso anello nero infilato nel medio della discordia. Le reazioni furono di sorpresa e anche ammirazione. Lo stesso Cattelan si congratulò per l’audacia dei due scalatori in nero e l’assessore Finazzer si compiacque del fatto che ormai il dito non era più solo un dito ma «una mano aperta verso l’arte contemporanea». Quantomeno curioso che, per quasi un mese, l’anellone sia rimasto lì in bella vista accompagnato dalla vistosa didascalia che invitava a «Maneggiare con cura». Fino a ieri sera. Finalmente, verrebbe da dire. È infatti molto probabile che la prolungata presenza dell’anello sia stato un successo ben superiore alle legittime aspettative degli stessi Urluck il cui intento, come nella migliore tradizione della performance art, era soltanto quella di creare una momentanea provocazione, ancor più riuscita per la difficoltà (e pericolosità) dell’azione. Perfino l’impacchettamento da parte di Christo del monumento a Vittorio Emanuele in piazza Duomo rimase tale soltanto per poche ore proprio perchè l’azione in sè stessa esauriva il valore dell’opera. Evidenziare nascondendo, proporre per breve durata una percezione della realtà prima mai avuta: è sempre stato questo e solo questo il valore artistico di questo tipo di arte. L’estetica, invece, è un’altra cosa e quell’anellone nero con la patacca rettangolare e il giradito di corda, oltre ad essere francamente brutto, disorientava sostenitori e detrattori dell’opera di Cattelan.

Cioè sia coloro che hanno sempre sottolineato il valore estetico di una scultura concettuale ma in armonia materica e cromatica con l’architettura della piazza; sia coloro che, negli uffici di piazza Affari, sentivano da mesi la propria missione sbeffeggiata da un dito perennemente alzato. E per di più fidanzato. MdM

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