E la Francia propone: «Toreri venite da noi»

C’è una parte della Spagna che dice no alla corrida. Sono gli animalisti, i catalani, i giovani. Loro non si esaltano più per la tauromachia, per la fiesta. Hanno smesso di vedere nella battaglia con il toro, quella sublime lotta tra l’uomo e la natura. È per questo che trovi sul retro delle macchine adesivi di asini al posto dei tori. Tutti per dire no. La corrida non è più Spagna, non è più nemmeno tradizione, è solo passato da dimenticare. I più estremisti sono gli animalisti baschi che hanno paragonato la corrida al terrorismo.
Una battaglia già vinta alle Canarie, nel lontano 1991, a luglio vince la Catalogna: il parlamento regionale catalano ha chiuso definitivamente il lungo dibattito tra favorevoli e contrari; entro gennaio del 2012 le arene diventeranno illegali. L’Asociacion Taurina Parlamentaria ha già promesso che non resterà a guardare in silenzio, in gioco c’è la difesa della cultura del Paese, delle tradizioni che hanno fatto la Spagna. È l’ennesima puntata del braccio di ferro politico e culturale fra Barcellona e Madrid che l’ha dichiarata bene culturale di interesse nazionale. A sostenere la corrida anche re Juan Carlos. Dall’altra parte c’è un sondaggio, che parla con numeri e dati: la fiesta sta diventando sempre meno popolare; l’81% dei minori di 24 anni mostra disinteresse per la tauromachia, e tra gli ultrasessantenni solo il 41% si dichiara interessato alle corride.
Nella lotta, spuntano ora i vicini di casa, i francesi. Loro la corrida non la buttano via, anzi la vorrebbero proprio accogliere.

Il municipio francese di Beziers si è già fatto avanti: «Beziers è una città di tradizione taurine, geograficamente molto vicina alla Catalogna e con una capacità di accoglienza adeguata», ha spiegato il sindaco della città, Raymond Couderc. E proprio dalla Francia è stato recentemente chiesto che l’arte taurina venga inserita nel patrimonio dell’Unesco. È l’erba del vicino?

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