E il «golpe» di Rutelli riesce solo a metà

Il vicepremier: «Una cabina di regia sulle liberalizzazioni» Prodi: no, decide Palazzo Chigi. Poi il ministro fa retromarcia

nostro inviato a Caserta
Sono cinque giorni che la patata delle liberalizzazioni si aggira nelle viscere della Margherita. Da quando Pierluigi Bersani, a Ballarò, aveva fatto sua l’idea di eliminare i costi delle ricariche dei telefonini. Gli uomini di Francesco Rutelli l’avevano interpretata come un’«appropriazione indebita» sul fronte delle liberalizzazioni. Soprattutto perchè il ministro competente sui telefonini è Paolo Gentiloni, titolare delle Comunicazioni, amico di Rutelli e uomo della Margherita.
Così già giovedì sera, durante il conclave della Reggia, Linda Lanzillotta (che ha un personale fronte aperto con le liberalizzazioni: il suo disegno di legge di quelle delle municipalizzate è parcheggiato in commissione al Senato) affronta l’argomento con toni critici; e non solo per spirito di partito. Poi, di mattina presto, è lo stesso Francesco Rutelli a tentare di dare il colpo di grazia al progetto di liberalizzazioni di Bersani (la cosiddetta «lenzuolata»). Operazione riuscita, però, a metà.
Il vice presidente del Consiglio annuncia: «Abbiamo deciso di costituire, sotto la guida del presidente del Consiglio, una vera e propria cabina di regia che riguarda i provvedimenti di liberalizzazione. Il ministro Bersani sta studiando ulteriori provvedimenti da discutere, che verranno presentati non tra molto tempo». Un vero e proprio tentativo di «commissariamento» per il ministro dello Sviluppo economico.
Cabina di regia sulle liberalizzazioni? «Io vado avanti come un treno...», commenta Bersani al termine del Consiglio dei ministri. Ed aggiunge: «Sarà la presidenza del Consiglio ad organizzare le cose nel modo migliore». Ed a proposito dell’idea di Rutelli della cabina di regia, aggiunge: «Non ci stiamo inventando delle “superfetazioni” per rallentare il processo» delle liberalizzazioni.
Insomma, gira la palla alla presidenza del Consiglio. Cioè, a Prodi. Ed il Professore, dopo aver già affossato il progetto di riforma delle pensioni (chiesto originariamente dai Ds), non può abdicare spazi decisionali sulle liberalizzazioni ad un suo vice; per di più se questi spazi sono destinati a criticare l’atteggiamento di un ministro ds.
Così nella conferenza stampa alla fine del conclave di Caserta prende apertamente le distanze da Rutelli. «Le cabine di regia - dice - si usano quando ci sono diversi soggetti che coinvolgono le parti sociali, enti locali, regioni, comuni. In quel caso, la cabina di regia serve per coordinare le diverse sovranità, ma quando si parla di decisioni di governo, questo termine lo si può usare come linguaggio familiare...».
E per far capire a Rutelli che il «capo» è lui, ricorda al suo vice che «all’interno del governo l’attività la fa, appunto, il governo ed in particolare il presidente del Consiglio». Quindi «è chiaro che mi assumo le responsabilità». Insomma, fa capire Prodi, non si parla di cabine di regia.
In serata, Francesco Rutelli fa filtrare indiscrezioni secondo le quali concorda con Prodi che «il crocevia delle decisioni è Palazzo Chigi». E precisa che quando parla di «cabina di regia, mi riferisco ad un gruppo di lavoro che accompagni l’attività parlamentare per far sì che le decisioni prese a Palazzo Chigi si realizzino nel più breve tempo possibile».


Insomma, mantiene il punto, ma allenta la presa. Una cosa è certa: la «lenzuolata» di Bersani, cioè il progetto di liberalizzazioni elaborato dal ministro o raccolto da altri dicasteri, corre il rischio di restare nel cassetto ancora per qualche tempo.

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