E il governo di Hamas attacca subito gli Usa

Per mettere insieme il governo ci son voluti due mesi. Per convincere il mondo ci vorrà molto più tempo. Il nuovo primo ministro palestinese Ismail Hanye l’ha capito ancor prima d’incassare i 71 voti a favore e i 36 contrari con cui il suo esecutivo è stato approvato ieri dal semideserto Parlamento di Ramallah. La ratifica di un Parlamento dominato da Hamas era prevedibile. Meno scontato era, invece, il silenzio di tomba con cui il mondo ha risposto alle offerte di dialogo lanciate da Hanye durante la presentazione del programma dello scorso lunedì. Hanye aveva accennato alla necessità di una pace giusta. Aveva espresso il desiderio di incontrare i mediatori di Russia, Usa, Ue e Onu. Di dialogare, insomma, con quel quartetto diplomatico autore dell’ormai quasi dimenticata «roadmap».
Ma quel quartetto, ancora in attesa di un annuncio in cui Hamas dichiari di riconoscere Israele e rinunci alla violenza, per ora non risponde. E così Hanye sfrutta quel silenzio di tomba per rimarcare le proprie aperture e per attaccare gli Stati Uniti. «Purtroppo l’amministrazione statunitense è sempre molto affrettata nelle sue decisioni, soprattutto quando si tratta di riaffermare la propria inclinazione nei confronti d’Israele e contro il popolo palestinese», ha detto Hanye prima di presentarsi al voto di fiducia. I portavoce americani gli hanno già risposto indirettamente facendo sapere di non dialogare con le organizzazioni terroristiche. Ma Hanye insiste e invita Washington «ad assumere un atteggiamento più razionale e soprattutto a non diffondere dichiarazioni e giudizi scontati su un governo regolarmente eletto».

Il governo di Hamas ottenuto il voto di fiducia attende ora la ratifica finale da parte del presidente Abu Mazen. Il presidente, pur avendo chiesto senza successo ad Hanye il riconoscimento di tutti gli accordi già ratificati dall’Autorità palestinese, non sembra voler ricorrere al suo diritto di veto.

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