E le grandi strade del futuro aspettano il «verde» del Cipe

Per far aprire i cantieri serve il «sì» del Comitato, rinviato a inizio luglio

Gianandrea Zagato

Ventisette milioni di ore all’anno senza stare al volante. È il risparmio garantito agli automobilisti che affollano l’attuale rete autostradale lombarda. Condizione resa possibile da tre progetti: tangenziale est esterna di Milano, Pedemontana e BreBeMi ovvero tre maxi-opere che sarebbero utilizzate da qualcosa come 180mila veicoli al giorno. Naturalmente, se il Cipe dà il via libera: infatti, i tre progetti attendono la decisione finale del comitato che dovrebbe arrivare ai primi di luglio. Come dire: o il semaforo diventa verde oppure i progetti restano sulla carta. Rischio che la Lombardia non può correre: si tratta di opere decisive per la competitività dell’economia e per la qualità della vita.
Soluzione che impegna un investimento da 7,5 miliardi di euro per le tre opere contraddistinte da un comune denominatore: si basano sul project financing ovvero sul coinvolgimento dei privati che, naturalmente, chiedono certezze sui tempi e sui costi di realizzazione. Condizioni, quest’ultime, che solo con il «sì» del Cipe possono essere soddisfatte. «Sono convinto che alla fine la BreBeMi si farà, a patto però che il Cipe approvi il progetto preliminare accogliendo anche le richieste sulla durata della concessione - da 19 a 30 anni - e all’imposizione di un piano tariffario più alto» osserva Francesco Bettoni, presidente della società. Valutazione che Giuliano Asperti, amministratore delegato delle Tangenziali esterne di Milano e di Pedemontana, completa annotando comunque la necessità di un «sostegno finanziario pubblico altrimenti non può partire nemmeno un chilometro delle tre opere lombarde». «Ma al momento - continua il manager - è necessario che il ministero delle Infrastrutture, grande protagonista della Legge Obiettivo, garantisca la presentazione al Cipe dei tre progetti».


Richiamo alla politica che, spiega l’assessore lombardo alla Casa, Giampiero Borghini, «ha un duplice dovere: primo, “farsi avanti” ossia decidere in assoluta autonomia ciò che deve essere fatto, come, dove, perché e con quali risorse; secondo, “tirarsi indietro” ossia non intromettersi in campi che non la riguardano ma limitarsi a assicurare la governance delle operazioni». Modo certo per non condannare i progetti lombardi a restare solo sulla carta.

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