Guido Guerrasio sta a Milano come il Colosseo ai romani. Un cineasta dedito soprattutto allattività documentaristica, per la massima parte realizzata proprio nella città ambrosiana. A 85 anni ha energia ed entusiasmo da far invidia a chiunque.
Gli chiediamo il perchè del suo amore per Milano..
«Perché credo di essere stato il più attento ai mutamenti in atto nella città. Il mio primo documentario su Milano si intitolava appunto Fuori porta, la parte della città fuori dal centro e dalle sue attività, una sorta di linea di confine».
Quanti documentari ha realizzato su Milano?
«Una trentina, compresi quelli sulla provincia».
Quali di questi lei predilige?
«Il primo è Gamba de legn, che era il trenino che partiva da corso Vercelli, un mezzo di trasporto proverbiale per i milanesi. Poi Gente dei navigli, che erano ben diversi da quello che sono oggi, cerano le lavandaie, la nebbia ed io intuivo che stavano per scomparire. E così è stato».
Erano gli anni 50
«Infatti. E comunque ho realizzato ben 140 documentari e due lungometraggi. Nel mediometraggio Decibel, sempre in quegli anni, anticipavo la questione dellinquinamento acustico. La mia era una sorta di ricerca della vita segreta della città, di tutte quelle cose che verranno e sono probabilmente dimenticate».
Perché solo due lungometraggi?
«Perché non lo so, ma a quei due sono legatissimo. Dal sabato al lunedì, con Geronimo Meynier e Sandro Panseri, quello de Il posto, raccontava il weekend di due diciottenni in cerca di qualunque cosa la grande città potesse offrire nellarco di 48 ore. Il film doveva essere il primo di una trilogia che non ho potuto fare, il primo, appunto questo, era una commedia delladolescenza».
Il secondo?
«Avrebbe avuto quale titolo I balordi, una commedia sulle classi sociali più basse ed il terzo era una commedia sullaldilà, con tre diavoli in vacanza a Milano e che Goffredo Lombardo si rifiutò di realizzare, perchè a suo dire fantasmi e diavoli al cinema non funzionano».
E poi?
«Infine ho realizzato LItalia in pigiama, un film con attori non professionisti, letteralmente cancellato dalla critica ufficiale».
Comunque sia il cinema targato Milano deve qualcosa a questo originale, ostinato ed entusiasta uomo di cinema, che ha eletto Milano centro di gravità della sua personalissima cifra stilistica.
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