RomaElezioni anticipate versus Governissimo. Grande centro versus Neo-sub-governo. Fronde e scissioni, guerre mediatiche e offensive giudiziarie, bocciatura del lodo Alfano e stillicidi di allegre signorine.
Il meteo dei retroscenisti politici prevede di tutto e di più per i prossimi mesi, dal temporale alluragano tropicale. Tutto tranne il bel tempo. Lassunto di partenza è che a Silvio Berlusconi e alla sua maggioranza non esiste in natura unalternativa, al momento. Il principale partito di opposizione, che in teoria dovrebbe fare quel mestiere, in pratica non viene considerato adatto da nessuno di coloro che - nei grandi giornali, compreso il Corriere della Sera recentemente tornato alla lotta e al «Sexygate»; nei fantomatici «poteri forti»; nei salotti finanziari e intellettuali; per non dire dei soliti magistrati - vorrebbero togliersi di torno il premier. E per di più il Pd è molto distratto rispetto ai fatti della vita, totalmente immerso nella propria lunga battaglia interna. Non a caso la sua testa più lucida, mente di tante passate operazioni di Palazzo, Massimo DAlema, manifesta una sempre più aperta impazienza per i «tempi fuori dal mondo» del congresso.
Se lalternativa non esiste, bisogna dunque fabbricarla, perchè altrimenti si potrebbe arrivare al traguardo dellazzoppamento del premier (tramite raffiche di donnine sui giornali, inchieste vintage su stragi mafiose, annullamento del Lodo Alfano e ripresa alla grande della stagione dei processi) senza saper poi dove andare. E bisogna pure fare in fretta, perché se Berlusconi scavallasse lanno e vincesse pure le Regionali 2010 (e soprattutto, è il segreto timore dei suddetti poteri forti, se si avvicinasse troppo alle Assicurazioni Generali) tutto diventerebbe più difficile. Siccome però il grosso dei voti ce li ha il Cavaliere col Pdl, è indispensabile levargliene un pezzo. Di qui lattuale interesse febbrile per le mosse di Gianfranco Fini. E di qui la girandola di nomi e di possibili schemi di gioco avanzati dai retroscena di questi giorni. Lipotesi 25 luglio è quella che immagina una destituzione interna di Berlusconi, e la sua sostituzione con un esponente di maggioranza. Un governo «istituzionale» potrebbe vedere in campo Fini, un governo con la Lega Giulio Tremonti, un governo di «pacificazione» Gianni Letta, magari con lUdc.
Lipotesi Kadima, invece, prevede la scissione del grande serbatoio elettorale Pdl. Fini si ribella al monarca, alza i tacchi e approda al «Grande Centro». Che allo stato non esiste e se esiste è tutto fuorché grande, in termini di voti, ma che viene annunciato come molto fotogenico: oltre al solito Pier Ferdinando Casini potrebbero aggiungersi pezzi da novanta del Pd come Francesco Rutelli e Enrico Letta, e naturalmente Luca di Montezemolo. Perfetto per il copione dellimprenditore che scende in politica che, nel caso di Berlusconi, è tanto piaciuto agli elettori. Per amore di abbondanza, qualcuno voleva aggiungerci anche Mario Draghi (si sa che la griffe tecnocratica di Bankitalia dà sempre molto lustro, non a caso prima del Berlusconi Uno cera Ciampi e dopo ci fu Dini). Ma ieri la notizia che il Governatore non parteciperà, il 5 ottobre, al vernissage di «ItaliaFutura» (sarebbe la fondazione di Montezemolo) è stata una doccia fredda. Niente Draghi al debutto del laboratorio del Grande Centro. In compenso però ci saranno Fini e pure Letta junior. Lipotesi Kadima, per altro, ha il pregio di offrire una parte anche al Pd, possibilmente in salsa dalemiana. Ossia un partito di sinistra riformista, che si allea con un partito di centro progressista. Anche se DAlema per ora liquida sprezzante lidea: «Grande centro? Roba da redazione di giornale, non da realtà politica».
Lipotesi Ricorso al popolo è infine quella che viene attribuita al Cavaliere come risposta alle altre.
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