Marcello Zacché
da Milano
Don Turiddo, come lo chiamano a Firenze, manda un segnale forte alla «finanza rossa» in fibrillazione: Unicoop Firenze, la maggiore cooperativa di consumo nazionale, ha incrementato la sua partecipazione nel Monte dei Paschi, portandola dall1,5 al 2,4 per cento. Segnale forte perché Campaini era stato quello che «aveva visto lungo», come dicono sempre nel capoluogo toscano, e già a luglio, in tempi non sospetti, aveva criticato lOpa di Unipol su Bnl.
Uneresia, allora, tanto più grave perché praticata da un colosso della cooperazione (2 miliardi di fatturato e 25 di utili, 7.500 dipendenti), azionista nella holding Holmo che controlla Unipol. Grave anche perché Unicoop fece seguire alle parole i fatti, rifiutando di sottoscrivere la sua parte dellaumento di capitale da 500 milioni, proprio al servizio dellOpa su Bnl. Sarebbe stato un impegno nellordine dei 30 milioni. Ora, per salire in Mps, di milioni Unicoop ne ha investiti un centinaio. Dimostrando che non è questione di liquidità, che non manca, ma di progetti.
Il segnale di Campaini va in diverse direzioni. Una è senzaltro Bologna, ideale centro di convergenza delle coop emiliane azioniste di Holmo, come per chiamare a raccolta quelle che fossero interessate a seguirlo verso Siena. Forse a cominciare da quel Claudio Levorato, numero uno di Manutencoop, consigliere di Unipol che ha avuto il coraggio di venire recentemente allo scoperto per spezzare il fronte «bulgaro» delle cooperative schierato a difesa della compagnia di via Stalingrado. Unuscita che ha creato molti mal di pancia a Pierluigi Stefanini, numero uno dellaltro colosso dei consumi, la Coop Adriatica, leader del vasto mondo cooperativo emiliano, principale sostenitore dellOpa su Bnl e candidato forte a sostituire Giovanni Consorte ai vertici Unipol. Lo screzio ha provocato una rottura senza precedenti sotto le due Torri. E ha creato la possibilità di un «travaso» tra i due mondi delle coop rosse che con la vicenda Bnl si stanno sempre più polarizzando: le emiliane e le toscane. Stefanini e Campaini, appunto.
Laltro segnale va infatti verso Siena. O meglio verso gli azionisti del Monte dei Paschi, controllato al 49% dalla Fondazione Mps, a sua volta controllata degli enti locali di conclamata e storica maggioranza Ds. Ma la Fondazione, per effetto della nuova legge sul risparmio, dovrà contenere al 30% lesercizio dei diritti di voto. Una situazione che rende utile la creazione di un nucleo di azionisti forti che si rendano disponibili a garantire la stabilità della banca. In vista della prossima assemblea chiamata a primavera a rinnovare il consiglio, gli equilibri potrebbero cambiare: se Emilio Gnutti, anchegli pesantemente coinvolto nelle vicende giudiziarie, dovesse decidere di uscire, le coop interessate avrebbero lopportunità di mettere un piede nel grande giro bancario in maniera ben meno «pericolosa» di quella della scalata alla Bnl.
I primi esiti di questo scontro «tutto rosso» si vedranno già dopodomani, nel consiglio di Holmo. Dal quale dovrebbe uscire il nome di Stefanini come nuovo uomo forte del gruppo Unipol. Ma che potrebbe anche esprimere un nuovo amministratore delegato, imposto da chi vuole rompere definitivamente con il passato.
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