E i gendarmi vaticani ora chiedono rinforzi

Roma Una ragazza schiva, «che non parlava con nessuno e neanche con noi, non riconsegnava neanche la chiave della stanza». Così il portiere della residenza «Casa Menni», in via Morgagni, a pochi passi del Policlinico Umberto I di Roma, ricorda Susanna Maiolo, la giovane donna svizzera che per due anni consecutivi, la notte di Natale, ha cercato di avvicinare il Papa nella Basilica di San Pietro, e giovedì sera, dopo essere stata prontamente placcata dal capo dei gendarmi vaticani, Domenico Giani, si è aggrappata ai paramenti di Ratzinger facendolo cadere a terra.
La ragazza, spiega il portiere, aveva prenotato una stanza singola dal 22 al 25 dicembre attraverso un’agenzia di viaggi e aveva già pagato in anticipo il conto. «Anche per questo – aggiunge l’uomo – non ci è sembrato strano che non facesse domande né noi, vedendola così riservata, ne abbiamo rivolte a lei. Un po’ ci ha sorpreso questo suo silenzio, perché in genere i turisti ci chiedono informazioni sui trasporti o sui luoghi da visitare». Nel periodo in cui Maiolo ha soggiornato nella «Casa Menni», su trenta stanze ne erano occupate pochissime, e nessuno dei clienti l’aveva notata.
Susanna Maiolo resta ricoverata in isolamento nel reparto psichiatrico dell’ospedale Angelucci di Subiaco, che resta presiediato dai carabinieri. La donna, che occupa una stanza al primo piano dell’istituto, due giorni fa ha ricevuto la visita del padre e della sorella, la stessa che l’aveva accompagnata l’anno scorso quando venne interrogata dai gendarmi vaticani dopo il primo tentativo di avvicinare il Pontefice. L’inchiesta vaticana, secondo quanto ha ripetuto ieri il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, intervistato dal quotidiano Avvenire, si potrebbe concludere in fretta, «nel giro di qualche settimana». «Si aprirà una fase diretta ad approfondire in via preliminare se ci sono gli elementi per la configurabilità di un reato – ha spiegato Dalla Torre – si dovrà tenere conto sia degli aspetti oggettivi che soggettivi dell’accaduto. Che questa donna non fosse armata può ad esempio contribuire a qualificare il fatto. Poi andrà verificata la capacità di intendere e di volere, lo stato più o meno perturbato del soggetto». Se si dimostrasse che la donna non aveva capacità di intendere e di volere «non può essere sottoposta a procedimento penale».
Nonostante infatti la giovane donna con problemi psichici avesse già tentato una nel dicembre 2008 di avvicinare Ratzinger, non era armata, non ha scagliato alcunché contro il Papa e l’ha trascinato giù mentre lei stessa cadeva a terra in seguito all’azione del capo delle guardie del corpo papali. Ha ripetutamente dichiarato di non aver mai voluto «fare del male al Santo Padre», nonostante il gesto inconsulto di saltare a tutta velocità al di là della transenna tentando di interrompere la processione d’ingresso alla messa. In Vaticano in queste ore si riflette su come riorganizzare la sicurezza attorno al Papa. Il capo dei gendarmi vaticani, che gestisce il minuscolo esercito dotato di strumenti all’avanguardia, ha chiesto nuove assunzioni.


Intanto una buona notizia arriva dal Gemelli, dov’è ricoverato il cardinale Roger Echegaray, l’unica vittima «collaterale» dell’incidente. L’ottantasettenne porporato francese è stato operato ieri all’anca. L’intervento è riuscito e le sue condizioni cliniche sono buone.

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