E intanto i presidi bocciano l’esame: «Meglio una valutazione di fine anno»

Mancano quattro giorni all’inizio della maturità ma, per i presidi romani, l’esame di Stato è da bocciare. «L’esame bisogna farlo, perché lo prevede la Costituzione - dice Achille Acciavatti, preside del liceo classico Tasso - ma non con il sistema attuale che prevede una commissione esaminatrice interna con un presidente esterno che svolge una funzione “notarile”. Fatto così, l’esame di Stato è da bocciare».
«Se dipendesse da me, l’esame di Stato lo abolirei - afferma Antonino Grasso, dirigente scolastico del liceo classico Visconti -. Farei gli scrutini e mi baserei sulla valutazione dell’andamento dei ragazzi negli ultimi due anni». Per Ugo Capozza, preside del liceo classico Mameli «l’esame è comunque utile, ma come fatto oggi, con una commissione composta da docenti interni, è solo una clonazione dello scrutinio finale». «Se si guarda alla percentuale dei promossi, una media del 94 per cento, non si capisce la necessità di mantenere un esame fatto cosi - spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Anp (associazione che rappresenta i dirigenti scolastici) -. I docenti, gli stessi che quindici giorni prima hanno fatto gli scrutini, non rinnegano se stessi al momento dell’esame, né cambiano idea dagli scrutini al giorno della prova».


Meno categorico dei presidi romani ma altrettanto convinto della «necessità di una revisione» dell’esame di Stato, il rettore dell’Università La Sapienza, Renato Guarini: «Ci sono istituti più rigidi e altri meno ed è difficile poter valutare uno studente in base a un esame fatto da una commissione interna che, in quanto tale, non riuscirebbe a dare una valutazione “comparativa”». «Piuttosto - continua Guarini - bisognerebbe considerare la preparazione raggiunta e magari prevedere, alla fine dei cinque anni, un colloquio generale, una specie di tesi di laurea».

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