«E io sono Rossella, eroina anti borghese»

Roma «Questa mania di sputare sulla tivù è fuori moda: non ha nulla d'intellettuale, o di fico!», sancisce con decisione Gabriella Pession, che di televisione e di popolarità se ne intende, gettonata com'è sul piccolo e sul grande schermo. Dopo le serie tv Orgoglio e Capri, infatti, la gente la ferma per strada e a volte l'abbraccia. «Mi dicono che metto allegria e comunico speranza», spiega la trentaduenne attrice di Daytona Beach, abbastanza sexy da far sognare la platea maschile, e sufficientemente brava ragazza, per piacere a mamme, nonne zie e nipotine, che soprattutto, le invidiano il fidanzato Sergio Assisi, occhi di mare e fisico prestante, catturati sul set galeotto di Lina Wertmueller, all'epoca di Ferdinando e Carolina. Di fegato ne ha, la ragazza, visto che, mentre tutti si percuotono il petto, perché dalla tivù escono solo cattivi messaggi, lei se ne esce con questa affermazione: «Il popolare ha un suo colore. Se un film lo vedono in tre, chi se ne frega!». Ficcante, non c'è che dire.
Cara Gabriella Pession, paladina del piccolo schermo per interessi personali o per convizione sincera?
«E' che sono stufa di tutti questi colleghi, che sputacchiano nel piatto in cui mangiano, o vorrebbero mangiare. Le cose devono essere divulgate, senza snobismi. E la televisione generalista fa compagnia agli anziani soli, alla gente malata, a chi non può permettersi la Costa Smeralda».
Quanta passione, Pession….
«Ho passione per il sociale, non per il politico, di cui non capisco nulla. Penso di fare qualcosa di utile. C'è un budget basso? Non necessariamente il livello sarà inferiore. La tivù dà lavoro a migliaia di persone ed è una cosa importante».
Per esempio?
«Per esempio, Rossella. Vabbè, titolo furbacchione, tra l'evocazione di Carlo Rossella e Via col vento. In realtà, si tratta di sei puntate, più un epilogo, con me protagonista. Una lunga serialità, prevista quest'autunno su Raiuno: si va da fine Ottocento al 1947. Nei panni di un'anticonformista, che nella Genova del 1894 rompe le regole borghesi per laurearsi in medicina, incarno un'appassionata eroina moderna, alle prese con la psicanalisi agli albori. Il padre la condanna, la famiglia la espelle, ma lei non si arrende».
Un propensione per i caratteri forti?
«Io ho un carattere deciso e vado bene solo con storie e registi determinati. Come Lina Wertmueller, che mi ha scoperto. Lei è una vera autrice, non una regista e basta. Per cui ti stimola a far meglio».
Qualcosa di più leggero, o magari frivolo?
«Altroché: vi farò ridere con Oggi sposi, una commedia spassosa di Fausto Brizzi. Come soubrettina, pronta a tutto, pur di sfondare nello spettacolo, tento di fare il colpaccio, sposando un riccone anziano. Con la mia morale sui generis, ne combinerò di ogni colore».
A proposito di veline: come giudica la questione?
«Non oso dare giudizi morali: nella vita, ognuno fa ciò che vuole. Ma nell'ambito del mio lavoro, non le vedo bene: credo nel talento e nella meritocrazia, dunque perché tante veline, poi si mettono a recitare? Il fatto è che io faccio l'attrice come facessi il medico: con la stessa serietà».
Via, non si prenda troppo sul serio. Non rischia di passare per secchiona rompiscatole?
«Di cattiverie, ormai, ne ho subite tante: per forza, m'invidiano. Ma ho le spalle larghe! E presto mi vedrete, forse su Raiuno, forse al cinema, di nuovo diretta dalla Wertüller, in Mannaggia alla miseria, di nuovo in coppia col mio Sergio Assisi. Saremo laureandi in Economia e commercio, pronti ad andare nel Bangladesh per studiare il sistema del microredito, con il Premio Nobel Yunus.. Io, però, Marina capatosta, farò del tutto per esportare il microcredito a Napoli. Dove il popolo non ha un tubo».


Anche i lavoratori dello spettacolo sono in crisi. L'idea d'una Cinecittà lombarda, come ha detto il ministro Castelli, le garba?
«È importante. Anche perché siamo stufi di sentire "borzetta", "zugo", "zole", come si dice in romanesco».

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