E Kate Moss a Milano finisce nella polvere dorata

Coreografia speciale e involontariamente allusiva per la top uscita dalla disintossicazione

E Kate Moss a Milano finisce nella polvere dorata

Giuseppe De Bellis

da Milano

Kate Moss nella polvere. Dorata. Piove sulla top model più chiacchierata, piove alla fine della sfilata di Burberry: una pioggia d’oro che festeggia i centocinquant’anni della casa di moda inglese e forse festeggia anche lei che torna nel magico mondo dopo le foto scandalo del Mirror, dopo la cocaina e la disintossicazione fatta in gran segreto in una clinica dell’Arizona.
La Moss era attesa. L’aspettano anche in Inghilterra stando al Mirror di ieri: «Kate è stata lontana dalla Gran Bretagna per 4 mesi. Ma quando è venuta, si è resa conto di quanto le mancasse la sua vita qui». L’aggiunta perfida arriva dopo: «Aspetta di sapere se verrà incriminata o meno per possesso e cessione di droga».
Milano non è Londra. Sono tutti più gentili: qui Kate Moss era attesa per altro, perché è la celebrità delle celebrità, chiamata perché Burberry è stata la sua prima casa, quella che la lanciò in orbita: da Londra a New York, Parigi, Milano e ritorno. Lei in passerella, gli altri ad ammirarla: ora seggiola in prima fila, segnaposto in bianco come si usa in questi casi, mistero. Arriva alle 18.40 quando la sala è praticamente piena. Flash, strette di mano, due cavalieri accanto, uno da una parte, uno dell’altra. Sorride Kate e non vede l’ora che le luci si abbassino e cominci la sfilata, così l’attenzione finisce sui vestiti e basta, lei torna nell’ombra. Succede dopo dieci minuti, quando comincia a risuonare una musica molto inglese che accompagna le modelle sul vialetto che finisce con il muro di fotografi e cameramen. E loro, le colleghe della Moss, sono le più sfortunate nell’occasione. Dev’essere un inferno sapere che c’è lei a guardarle: lei l’assente di lusso, lei la desiderata, lei che da quando non c’è sembra che il mondo delle top non sia più lo stesso. Poverette queste fanciulle che vestono abiti bellissimi, ma si sentono poco osservate, perché in fin dei conti l’attrazione è seduta.
La sfilata, però, è di quelle che piacciono. «Voglio rendere omaggio alla storia di Burberry», dice lo stilista Christopher Bailey. La storia è 150 anni. La storia è anche il trench, grande must di casa, declinato adesso in infinite versioni, da giorno e da sera: sportivo in pelle trapuntata, classico con collo, polsi e parte inferiore di volpe, chic in pizzo di cotone, trendy in versione lucida. Il capo cult di Burberry contamina anche gli accessori, come le borse a stampa check e gli stivali, su cui si appoggia l'anello a forma di D ripreso dalla cintura del trench. Applausi a volontà. Che diventano fragorosi quando comincia a cadere la polvere di stelle dorata che celebra il glorioso compleanno. Polvere di prestigio, diversa da quella che colpisce la direttrice di Vogue Usa Anna Wintour.

L'incidente succede mentre la più potente giornalista di moda del mondo entra nell'ex cinema Metropol per la sfilata di Dolce&Gabbana. Una mano lesta le lancia la farina bianca, le finisce addosso, bianchissima su un vestito nero. Ma non si nota tanto, no.

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