E l’ex rettore di Harvard deve ricredersi

Sconfitto dai numeri, e dalla scienza. Lo studio canadese è quasi una risposta diretta a Larry Summers, ex rettore dell’università di Harvard. Quello che, nel gennaio del 2004, si inerpicò sul terreno delle «abilità innate» e delle differenze fra uomini e donne. Spiegò, in tre punti, perché poche donne conquistano le vette del mondo scientifico. Primo: le madri di famiglia sono meno portate a lavorare 80 ore alla settimana (come farebbero i colleghi di sesso maschile). Secondo: i ragazzi che conseguono il massimo dei voti in materie scientifiche al liceo e al college sono più numerosi delle ragazze. Al terzo punto, il terreno si è fatto troppo scivoloso. Le donne non hanno «la stessa abilità innata» degli uomini in alcuni campi del sapere. Come quelli scientifici. Questione genetica, come lui stesso aveva potuto appurare in famiglia: a una delle sue figlie, da piccola, erano stati regalati due camion. Ma il tentativo di abituarla a giocattoli «non sessualmente orientati» è fallito: «Le trattava come bambole: uno lo chiamava “camion papà”, l’altro “baby-camion”». Prova inconfutabile.

Dopo le indignazioni e le polemiche, Summers chiarì: la sua affermazione sull’inferiorità femminile nelle materie scientifiche voleva essere «solo una provocazione» per stimolare il dibattito. Un anno dopo, le dimissioni. Ora, la scienza (maschile) smentisce.

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