da Milano
«Finanziare la ricerca è il modo migliore per evitare la fuga di cervelli». La ricetta dello scienziato Umberto Veronesi, già ministro per il centrosinistra, risale al 2002, ma non fa una piega neanche oggi. Quando al governo cè il centrosinistra che allora contestava al Polo qualsiasi ipotesi di taglio alla ricerca. E che oggi fa il contrario. Per ricordare come il centrodestra difese la ricerca, basta citare la senatrice a vita Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina oggi al centro della querelle sulle «stampelle al governo» tra il Quirinale e il leader della Destra, Francesco Storace: «Il mio giudizio sugli incentivi per frenare lemorragia di ricercatori è positivo». Ma lendorsment della scienziata non fece breccia. Nel mirino di quei partiti che oggi hanno impugnato le forbici sul 5 per mille cera soprattutto lincubo Letizia Moratti, ministro dellIstruzione, e la sua riforma delluniversità. «LItalia non può continuare a essere il Paese che importa calciatori ed esporta ricercatori», disse allora Francesco Rutelli.
In quei giorni più di mille giovani scienziati annunciarono un esodo di massa a causa del blocco delle assunzioni nelle università e dei salari da fame (1.059 euro in media). Ma i 70 milioni di euro necessari a sanare lemergenza, promessi dallallora ministro della Sanità, Girolamo Sirchia, bastarono a chiudere la polemica. Anzi, allinizio di gennaio del 2004 ci fu un gradito ritorno: quello del neuroscienziato Emilio Brizzi, tornato in Italia dopo 40 anni di studi negli Usa. Non fu il solo, grazie anche alle agevolazioni fiscali introdotte dal centrodestra: i ricercatori residenti allestero che avessero fatto rientro in Italia avrebbero pagato solo il 10% di Irpef e zero euro di Irap sui redditi derivanti dallattività di ricerca. Così altri sette scienziati «emigrati» vennero assunti allIstituto oncologico Regina Elena di Roma, come lepidemiologa Paola Muti e la biologa Anna Bagnato.
La polemica si placò per tornare a divampare alla fine del 2005. Lo scienziato Veronesi sottolineò la colpevole scelta di aver abbandonato settori chiave come «la chimica e il nucleare» e puntò il dito contro luniversità, «incapace di trattenere i giovani e di rinnovarsi». Parole simili a quelle pronunciate qualche anno prima da Romano Prodi, che di cattedre universitarie ne sa qualcosa: «La nostra casta scientifica è un modello chiuso». In quei giorni intervenne nuovamente la Montalcini che suggerì: «Abbiamo ricercatori eccellenti. Più che fare rientrare coloro che hanno deciso di andarsene, diamo posizioni adeguate a chi rimane».
Una volta al governo, e siamo al 2006, lUnione sembrò dimenticarsi dei finanziamenti alla ricerca. Tanto che la prima Finanziaria approvata dallUnione alla fine dellanno scorso rischiò di non vedere la luce proprio per il no minacciato dalla Montalcini. Senza contare la denuncia del direttore del Digestive Health Center della Virginia, Fabio Cominelli, contro la decisione di «congelare» la legge voluta dalla Moratti per agevolare il rientro dei cervelli. Il ds Fabio Mussi si accorse della frittata e innestò la solita retromarcia. Ma a sinistra, però, cè chi non è preoccupato dellesodo di scienziati, anzi.
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