E Londra pensa già al dopo: «Potremmo inviare militari»

Anche se a Tripoli e non solo i fedelissimi del Colonnello continuano a combattere, le diplomazie sono già al lavoro per definire i rapporti con la Libia del dopo Gheddafi. È gara aperta per incontrare al più presto i nuovi leader, ma nessuno si nasconde che la debolezza politica dei vincitori e le divisioni al loro interno sono e saranno un serio problema. Lo dimostra la presa di posizione del governo britannico, che ieri non ha escluso il prossimo invio di propri militari in Libia per mantenervi la pace. Un dispiegamento al momento è «improbabile - ha detto un portavoce di Downing Street - ma non sappiamo di quali ulteriori forze il Consiglio nazionale di Transizione avrà bisogno in termini di stabilizzazione».
Il capo del governo provvisorio Mahmoud Jibril sarà oggi a Parigi e domani a Milano, dove incontrerà Silvio Berlusconi. Evidente l’intenzione della Francia di conquistare per sé un ruolo di primo piano, facendo leva sulla primogenitura nell’iniziativa politica e militare che ha portato al collasso del regime fondato da Gheddafi nel 1969. Ma l’Italia ha avuto ripetute rassicurazioni che gli importanti contratti firmati dalle sue imprese ai tempi del raìs saranno onorati dai nuovi dirigenti della Libia e l’incontro di domani a Milano servirà a garantire questi impegni e più in generale a definire la cornice di un rapporto futuro che ci si augura sarà forte e amichevole.
Quasi tutti i Paesi che avevano preferito attendere la definizione del conflitto per decidersi a riconoscere il Cnt come legittimo rappresentante della Libia lo stanno facendo in queste ore. Il colosso cinese ha ufficializzato il proprio «rispetto per la scelta del popolo libico» solo lunedì, e già sta premendo per ottenere - nonostante nulla abbia fatto per contribuire alla caduta del regime gheddafiano a parte non mettere il veto alla risoluzione dell’Onu che ha di fatto autorizzato l’intervento della Nato - «il rispetto dei diritti degli investitori cinesi», soprattutto nel cruciale settore del petrolio.
L’Iran e i suoi alleati palestinesi di Hamas si sono trovati ieri per una volta sulla stessa linea di Israele nel riconoscere la legittimità del nuovo potere in Libia.

Diversissimi, ovviamente, i toni: Hamas esalta «la grande vittoria di popolo», Teheran si augura (e pensa certamente ai vari «Satana» occidentali) che la nuova Libia «possa decidere in modo indipendente del proprio futuro», Israele auspica la vittoria dei ribelli «sul pagliaccio Gheddafi».

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