E' l'ora del Derby, Allegri suona la carica: "Le squadre vere si vedono nei momenti difficili"

"Se vinciamo non è scudetto, se perdiamo non è finita. Tutti decisivi, non solo Pato. Crisi? Guardo la classifica...Dopo Napoli e Juve pensavamo che fosse tutto facile. Poi ci siamo innervositi"

E' l'ora del Derby, Allegri suona la carica:  
"Le squadre vere si vedono nei momenti difficili"

«Se vinciamo non è scudetto, se perdiamo non siamo morti». Massimiliano Allegri continua a ripetere la sua litania, dondolando sull’orlo del derby, col sorriso d’ordinanza stampato sul viso e un piede malconcio. Palese il tentativo d’imporre ai suoi la forza dei nervi distesi cancellando invece le scorie di due settimane scandite da paure e forse anche incubi, insicurezze diffuse. Sul punto, che è decisivo perchè la sfida si può giocare anche sulle tensioni calibrate in modo intelligente, oltre che sul gesto tecnico, è in sintonia con Adriano Galliani, un veterano della scrivania, non invece con Seedorf, veterano di San Siro.

Ma questo è un dettaglio ininfluente per il derby di Milano che sembra il giorno del giudizio universale. Può decidere tutto: il destino, la carriera, il credito, il futuro di ciascuno oltre che lo scudetto. «Non potevamo vincerlo con un mese d’anticipo, gli ultimi due sono arrivati all’Inter a 20 e a 30 minuti dal gong. Forse dopo i successi su Napoli e Juventus abbiamo pensato che fosse diventato tutto facile»: ecco il primo peccato di superbia, confessato, da Allegri insieme a quello mortale, commesso anche da Ibra, la domenica sciagurata di Milan-Bari. «Ci siamo innervositi tutti, troppo, e lui ha commesso una mezza reazione, non doveva farlo. Ma se vinceremo, vinceremo tutti insieme» è la chiosa all’episodio che può pesare come un macigno sull’esito finale del torneo. Che il Milan abbia i nervi segati, non è un semplice pettegolezzo. É dalle parole di Seedorf che proviene la conferma di certi allarmi, tipo la sua enciclica depositata nello spogliatoio milanista di Londra («basta con gli egoismi, vogliamo litigare o andarcelo a prendere lo scudetto?»).

«Clarence si è un po’ allargato, o si è spiegato male, c’è molta unità di intenti dentro il nostro spogliatoio» gli risponde per le rime Allegri che ha il merito, storico, di «avergli fatto fare più panchine che in tutta la carriera» e perciò non ha complessi nei suoi confronti.
Non ha fatto fioretti, Allegri, non ha mai telefonato a Leonardo («l’ho incrociato una volta a Coverciano prima di passare al Milan»), non ha mai pensato di succedergli sulla panchina interista («sarebbe molto difficile») ma solo capito un aspetto tattico semplice semplice che può risultare utile. «Da quando è arrivato Leo, l’Inter somiglia molto al Milan dell’anno scorso».

Traduzione: squadra molto dedita all’attacco, poco attenta a richiudere il portone di casa. É possibile insomma infilzarlo in contropiede e alla missione nemmeno tanto segreta sono preposti Pato («non deve essere decisivo lui, ma tutta la squadra») e Boateng, entrambi recuperati dagli acciacchi recenti, entrambi impalpabili a Palermo, entrambi visti brillare col Napoli, insieme, lunedì 29 febbraio, un mese prima. D’accordo, Allegri non ha fatto fioretti ma una preghierina per recuperare il gol perduto (tra Juve, Londra, Bari e Palermo, la miseria di due sigilli appena) in assenza di Ibra, forse l’ha pure rivolta al dio del calcio. «Se non c’è Ibra giocherà un altro» è la risposta, quasi brusca, alla giornalista svedese.

É un altro tabù da esorcizzare. Tanti, troppi ne circolano dalle parti di Milanello. Perciò, continuando a dondolare tra le due ipotesi, l’inferno o il paradiso del derby, il monito di Allegri al gruppo è la parte più attraente del predicozzo di ieri mattina, dentro lo stadio di San Siro. «Una squadra vera si vede nei momenti difficili» la sintesi del livornese che ha patito le ultime due settimane ritmate da interviste e giudizi crudeli sul suo Milan, «dicevano tutti che siamo in crisi e per rasserenarmi sfogliavo la classifica sui giornali».
Che non sia un derby qualunque è testimoniato dall’arrivo, uno al fianco dell’altra, di Adriano Galliani e Barbara Berlusconi durante il test del Milan sull’erba rizollata di San Siro.

Uno, il vicepresidente vicario, ha fatto il punto sui prossimi lavori di San Siro, l’altra, apprendista manager, ha ascoltato in silenzio e sperato in cuor suo di portare un pizzico di fortuna al suo nuovo amore, calcistico e non.

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