E Luisotti ringrazia Attila per il debutto nel «tempio»

Attila, opera di Giuseppe Verdi, non si vedeva alla Scala dal 1991. Da domani, fino al 15 luglio, sarà in scena al Piermarini diretta da Nicola Luisotti, 50 anni a novembre, al suo debutto operistico milanese (perché alla Scala si arriva già «imparati» è il suo mantra), ma all'apice di una carriera che oggi lo vede al timone della seconda Opera House più importante negli Usa: San Francisco. La nuovissima produzione porta la firma del regista Gabriele Lavia, Alessandro Camera cura le scene e Andrea Viotti i costumi. Il cast, dopo vari rimpasti, vede i nomi di Orlin Anastassov protagonista, Marco Vratogna nel ruolo del generale Ezio e Elena Pankratova (Odabella). Attila è il barbaro predatore per antonomasia. E che in Verdi, dice Lavia, «è il simbolo della mancanza di verità e dunque libertà raffigurata dal sole». Quando Attila si presenta in scena, cala infatti il buio, ci anticipa Lavia che per il primo atto ha ricreato il mondo di Attila «con la cavea di un teatro romano distrutta». Sempre secondo la rilettura del regista, per il secondo atto ci si sposta all'epoca di Verdi, che scrisse l'opera in pieno fermento risorgimentale, a due anni dalla primavera dei popoli d'Ottocento (1848). «Qui si vedrà un teatro d'opera all'italiana, distrutto anch'esso"» L'ultimo atto è l'oggi, rappresentato «da un vecchio cinema che proietta sempre lo stesso film, in bianco e nero. E' la storia degli Unni. Il coro è in un angolo, è un coro di riscossa, ma davanti c'e' fango, disperazione, e una situazione politica e affettiva straziante». Luisotti è la giovialità fatta persona. E' toscano come il congeniale Puccini che dirigerà nel 2012 alla Scala (Tosca). Perché Attila? Da cervello in fuga Oltreoceano, Luisotti ha voluto rendere omaggio ai 150 dalla nascita dell'Italia, appunto, con un titolo che brucia di spirito risorgimentale. Pugnace anche Luisotti che parla dell'opera come «di una Dea che illumina l'Italia ma che viene mortificata da tagli barbari», lo dice con una verve che ridesta l'accento lucchese - in genere - sorvegliatissimo.

E dire che Luisotti lavora in un teatro, quello della fascinosa San Francisco, che si regge totalmente sulle proprie gambe. Che gambe, però. «I Gunn, moglie e marito, hanno staccato un assegno di 40 milioni di dollari per sostenerne le attività». Ma l’America è un altro mondo.

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