E il ministro Ferrero ora cavalca il lutto

L’immigrazione clandestina ha risvolti tragici e inumani che ci rammentano quanto sia spietata la fatica di vivere in certe aree del mondo. La globalizzazione rilancia aree lontane, ma la cronaca ci dice che il Mediterraneo resta l’ombelico del mondo sofferente.
Almeno sedici extracomunitari hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste del nostro Sud, il calcolo dei dispersi è incerto. Disperazione, illusione, folle fiducia in moderni negrieri che sfruttano il desiderio di cambiare la propria sorte. Un problema grave, che l’Europa non affronta con l’energia e a la saggezza necessarie. Un problema che non risolve, anzi aggrava, il ministro rifondarolo Paolo Ferrero, il quale addebita, con strumentale cinismo comunista, le morti degli infelici immigrati alla legge Bossi-Fini che contrasta la tratta e l’arrivo dei clandestini.
Ferrero sostiene che se si consentisse l’ingresso a tutti coloro che lo desiderano i viaggi della disperazione non avrebbero più senso. Ignora un piccolo particolare: con la politica delle porte aperte importeremmo nel nostro Paese quelle guerre sociali fra poveri, e fra poveri e ricchi, dalle quali gli immigrati fuggono. E anche la criminalità che in altri Stati contrastano con la scimitarre.

Le capacità di accoglienza del nostro Paese non sono infinite, abbiamo già dato. Servono misura, ordine, regole, non il tam-tam che troppi Ferrero diffondono per invogliare i disperati e i malintenzionati a bussare, rischiando la vita, alle nostre porte.

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