Mi disse un amico tanti anni fa che la
differenza fondamentale fra la sinistra e la destra è che la sinistra
parla, mentre la destra fa. La prima è una teoria, la seconda una
pratica. E questa legge, continuava l’amico, vale per tutto: anche per
il sesso.
Volete la prova? Sul letto di morte, un notaio di
specchiata virtù confessa al figlio, anch’egli notaio, di aver avuto
rapporti sessuali con 52 prostitute, e di aver procreato altrettanti
figlioletti. Compito del figlio, un uomo represso che divide la vita
con una moglie frigida, è rintracciare i 52 fratelli e le rispettive
madri. Così comincia il terzo romanzo di Dario Franceschini,«Daccapo»,in
uscita da Bompiani all’inizio di maggio. La succosa anticipazione
viene da Denise Pardo, che sull’ Espresso riporta anche un passaggio dell’opera: «Ansimava,
sentiva l’alito, il profumo della pelle sul collo lunghissimo, vedeva
dappertutto colori sgargianti». Più o meno come prendersi un acido
di fronte a una statua di Modigliani.
Il capogruppo del Partito
democratico, leader della corrente degli antiberlusconiani duri e
puri, nega ogni intento autobiografico («Se pubblicherò un libro su
un serial killer, non vorrà dire che ho accoppat o cinque o sei
cristiani»), e naturalmente gli crediamo: scrivere è invenzione,
sogno, fantasia. E speriamo che l’Ordine dei notai non abbia niente da
ridire. Ma certo, nell’Italia del bunga bunga, è una fantasia che fa
sorridere.
Le prostitute precedono storicamente le escort, e la
letteratura n e è piena: quasi sempre sono angeli caduti, o amiche
fidate cui chiedere consolazione e consiglio. Diversamente dalla
escort, che evoca l o scintillio di una festa e un’esplosione di
allegria, ancorché fasulla, la prostituta ricorda
piuttosto un appartamento disadorno, una tristezza condivisa. Il
notaio di Franceschini sembra il ritratto del suo autore: un tipo
lezioso nei gesti m a facile all’ira, cinico come ogni moralista,
abitudinario, dimesso, più triste che borioso, un pochino miope.
Nonché - m a qui parliamo soltanto del notaio - evidentemente
attratto dall’amore seriale e mercenario.
Non è il caso di infierire sull’erotismo franceschiniano, e basterà il titolo con cui ieri Dagospia
pubblicava l’anticipazione: «Il bunga bunga di su-Dario». Capitò
anche a me di scrivere un romanzo erotico: o, per meglio dire, u n
romanzo in cui tra l’altro si raccontavano anche le fantasie
erotiche di uno dei protagonisti.
Lavoravo allora nello staff di Massimo D’Alema, e un’ondata di polemiche m i suggerì le dimissioni.
Diversi giornali di sinistra scrissero indignati che un pornografo depravato s’era insediato a palazzo Chigi. Ripensare oggi a quelle polemiche fa sorridere: diciamo che da allora molta strada è stata fatta, e oggi siamo diventati più moralisti e più sporcaccioni. Non è una buona cosa, ma è andata così. E il buon Franceschini, che è un ultrà del moralismo, passerà per uno sporcaccione.
I paradossi sono l’intelligenza della storia (o, in questo caso, della cronaca): ed è paradossale che proprio uno dei più aspri censori della vita privata del presidente del Consiglio decida d i rendere pubbliche le proprie fantasie erotiche. «Fossi uno sconosciuto nessuno s i stupirebbe se scrivo di puttane», si difende Franceschini. Forse non pubblicherebbero neppure il suo libro, se è per questo. Ma Franceschin i è conosciuto proprio per le sue vibrate reprimende contro la prostituzione (presunta) delle frequentatrici di Arcore, e dunque non può stupirsi s e qualcuno lo prende garbatamente in giro. C’è semmai da sperare che il minuscolo tritacarne in cui è finito con i l suo innocente libretto possa indurlo in futuro a non occuparsi più del sesso degli altri.
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