Andrea Demichelis
da Torino
Non lhanno usata molto, e quasi mai è servita per mutare il corso degli eventi, orientare gli arbitri a cambiare opinione e sconfessarsi pubblicamente. Era il giorno del gran debutto, per la moviola nella scherma. Quella in campo, anzi, in pedana, istantanea, come qualcuno vorrebbe introdurre in altri sport, calcio per primo. Occhi puntati sugli atleti in pedana, una telecamera a immortalare ogni singolo gesto e riproporlo al giudice, sciogliere i dubbi, arginare le furenti proteste degli schermidori. Loro sì, lhanno sfruttata, eccome. Sempre nei limiti del regolamento, e cioè non più di tre volte per assalto. Ma di rado le immagini hanno convinto chi già aveva deciso.
Una telecamera mobile a riprendere la pedana, dietro larbitro: stessa visuale, medesima inquadratura. Immagini che scorrono su un monitor ai piedi del giudice e fissano gli ultimi tre secondi di ogni assalto. Si rivede la scena a velocità normale, nessun frammento rallentato. «Nessuno stravolgimento, solo un adeguarsi ai tempi e alle potenzialità che le nuove tecnologie offrono. E limportanza degli arbitri non sarà sminuita», aveva detto il presidente della federazione internazionale Roch. Sarà, ma i giudici non sembrano aver recepito le direttive provenienti dallalto. Solo un paio di volte, in tutta la giornata, si è visto un arbitro sospendere di sua iniziativa lassalto per consultare le immagini. Segno che le resistenze persistono, eccome.
Più morbidi gli atleti. Per loro poteva essere unarma in più. Ci hanno provato, anche gli azzurri, tutti eccetto la Vezzali. A lei la moviola non serve. Agli altri è servita a poco.
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