RomaCerto, a spulciare i titoli con cui i giornali accolsero la sonora vittoria del centrosinistra alle regionali del 2005 di problemi non dovrebbero essercene poi troppi. Allora finì 11 a 2 per lUnione ed è davvero impossibile che il centrodestra non riesca a fare di meglio. Ma il punto, e Berlusconi lo sa bene, è che alla fine non conteranno tanto le bandierine strappate al centrosinistra, quanto il bilancio totale di una tornata elettorale che porta alle urne ben 13 regioni. Così, nelle conversazioni private delle ultime ore il Cavaliere è tornato più volte sul problema, convinto che quel che davvero conta è «mettere a segno il punto decisivo». Per capirci, almeno a scartabellare sondaggi e proiezioni delle ultime settimane, il tie break del 7-6.
Date per scontate Lombardia e Veneto, il problema è che in buona parte delle altre regioni dove il centrodestra poteva vincere a mani basse la situazione si è andata via via avvitando su se stessa. Il caso di scuola è quello della Puglia, dove il Pdl ha deciso di regalare quello che mesi fa era un discreto vantaggio. Prima in attesa che Casini sciogliesse il nodo delle alleanze e poi con lo scontro allarma bianca sul nome della Poli Bortone, niente affatto gradito a Fitto e a tutto il Pdl (da quello pugliese ai vertici nazionali). Fosse stato per lui, Berlusconi lavrebbe candidata senza indugi due settimane fa ma alla fine sè fatto convincere dalla ragion di Stato e ha alzato le mani. Ora la situazione è quella che è e tentare di rimettere insieme i cocci sarà impresa difficile e ancora più rischiosa per il Pdl (che solo aprendo una trattativa con lUdc di fatto ne legittima la politica dei «due forni»).
Anche in Campania qualche problema cè, visto che Cosentino è deciso a fare a meno dellUdc nonostante Caldoro sia intenzionato a chiudere lintesa. Beghe locali, partite parallele che coinvolgono la provincia di Caserta, spingono il coordinatore campano del Pdl a dire no a Casini. E se è vero che i sondaggi sul tavolo di Berlusconi dicono che la vittoria dovrebbe arrivare comunque non si capisce perché mettere a rischio una sfida che di fatto è vinta da quando il governo ha risolto la questione rifiuti a Napoli. Sempre per rimanere sul fronte centrista, invece, è più tranquilla la situazione in Calabria, dove il finiano Scopelliti ha praticamente chiuso con lUdc.
Alla fine, dunque, ad aspettare Casini il Pdl sè andato complicando la vita. Il Cavaliere lo sa bene, tanto da averlo fatto presente anche a coordinatori e capigruppo. Non volete il partito-caserma - è il senso del suo ragionamento - ma poi finisce che se non mi occupo io delle cose si combinano «solo pasticci». Quello in Puglia, ma pure quello in Campania dove si è arrivati al nome di Caldoro dopo un lungo braccio di ferro tra Bocchino e Carfagna da una parte e Cosentino dallaltra (azzoppato anche dalla magistratura). E dove, se nel Pd la spuntasse il presidente della provincia di Salerno De Luca, la partita per il centrodestra non sarebbe poi così in discesa.
Anche il Lazio, soprattutto dopo il Marrazzo-gate, era dato per vinto. E molti lodi si erano spese per la finiana Polverini. Invece qualche difficoltà cè se la candidatura della Bonino ha sparigliato le carte e la radicale si ritrova oggi in testa nei sondaggi. Vero che nel voto dopinione lex commissario Ue viene spesso sovrastimato, ma certo per il Pdl la campagna elettorale non sarà una passeggiata come si pensava.
Discorso diverso in Piemonte, dove il leghista Cota è invece partito in rimonta sulla Bresso e le difficoltà della partita erano chiare fin da subito. Tanto che non solo Bossi ma lo stesso Berlusconi hanno assicurato la loro presenza sul territorio per fare da «traino». E proprio in questottica Calderoli sta studiando un appuntamento con i tre candidati governatori del Nord (Formigoni, Zaia e Cota) proprio per tirare la volata al capogruppo del Carroccio.
A guardarsi indietro, insomma, non cè dubbio che negli ultimi mesi il centrodestra abbia perso parte di quel vantaggio di cui si sentiva forte.
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