La caduta del muro di Berlusconi rompe gli schemi anche in tv. Il mondo della comunicazione è in subbuglio: cambi di rete delle star, nuovi duelli, rissosità diffuse che mandano in soffitta la vecchia mappa, centrodestra e centrosinistra, berlusconiani di qua e anti di là. Tutto si complica, si sbriciolano gli schieramenti consolidati. Alla tv divisa in blocchi, funzionante fino a poche settimane fa, si sostituisce una navigazione a vista, in ordine sparso.
Volano censure, sincrinano vecchie alleanze. E tutto il sistema è percorso da una corrente di nervosismo e irrequietezza. Il Fatto quotidiano critica a più riprese Fabio Fazio («il nostro buttadentro nella stanza dei luoghi comuni culturali di sinistra»), sbertucciato anche dallEspresso e dal Giornale. Enrico Mentana annuncia e poi ritira le dimissioni contro il sindacato dei giornalisti. Aldo Grasso boccia Augusto Minzolini che risponde per le rime. E che diventa, a torto o a ragione, la linea Maginot di un certo modo di fare informazione. Per la sua verve politicamente scorretta verso tutti, da Monti a Montezemolo, Maurizio Crozza viene apprezzato anche dai moderati. Michele Santoro scarica Beppe Grillo, i fratelli Guzzanti, Luttazzi e Celentano sui quali puntava affinché il progetto di tv no logo decollasse definitivamente. E che «invece non hanno voluto metterci la faccia». Chi se lo sarebbe aspettato? Probabilmente siamo solo allinizio.
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