Politica

E ora ci faccia un favore: non si ricicli

«Mi sono fatto finalmente il bagno alle Cinque Terre, adesso al mare mi sto disintossicando». Questo ha detto Alfonso Pecoraro Scanio in una recente intervista, mettendo a dura prova i suoi muscoli da nuotatore e i nostri poveri nervi. Come no: a lui per disintossicarsi basta un tuffo. A noialtri, per disintossicarci da lui, non basta una vita.
Lo so, pigliarsela con Pecoraro è come sparare sulla croce rossa, e poi bombardarla col napalm, e poi passarci sopra con un bulldozer. Ma signori, distinguiamo i ruoli. La croce rossa s’interessa di sciagure, e Pecoraro non è la croce rossa: è la sciagura. E dal ministro della monnezza, dal politico che tutto il mondo non c’invidia, dal nemico degli inceneritori finito incenerito, ci aspettavamo se non altro un minimo di umiltà. L’umiltà del silenzio, dopo una vita passata a dire no: alla Tav, alle autostrade, all’effetto serra, al nucleare, a tutto. Eppure è più forte di lui: sebbene ritiratosi a vita privata, ogni volta di questo personaggio scopriamo un lato nuovo, sempre diverso e sorprendente. Oggi riceviamo un’ulteriore conferma: Pecoraro non è solo incapace. È sostanzialmente inutile. Inutile come fare la raccolta differenziata e poi buttare tutto nello stesso sacco. Non è un concetto così difficile: ci arriverebbero anche i bambini, gli stessi che in questo momento stanno facendo il bagno accanto a lui alle Cinque Terre. La storia delle stazioni ecologiche pagate fior di milioni per non distinguere la carta dalla plastica, è perfettamente in linea con l’esistenza di un ministro dell’Agricoltura che non distingue un toro da una mucca. Se questa è la sua filosofia ecologica, se lo lasci dire: non è né eco, né logica. Si dice paladino della raccolta differenziata, ma l’unica cosa che riesce a differenziare sono le castronerie: ogni giorno una diversa. La proposta di proclamare la pizza patrimonio dell’umanità, l’adozione delle pecore sarde, la creazione del museo del mandolino, la battaglia contro gli alberi di Natale, la nomina di Gigi D’Alessio «patrono del pesce azzurro» per citare quelle più divertenti. Ma soprattutto la personificazione politica del disastro dei rifiuti, per citare quella più grossa. Non a caso Napoli ha cominciato a smaltire rifiuti quando l’Italia ha smaltito Pecoraro. «La colpa di tutto? Dei camorristi», diceva lui, riassumendo uno dei più grandi disastri ecologici della Repubblica così, con un sorriso abbronzato. Lo stesso sorriso che sfoggiava sguaiatamente durante i funerali dei militari morti a Nassirya.
Dunque il punto è questo. Pecoraro non è malvagio: la malvagità implica uno spessore che non gli concediamo. Pecoraro è più semplicemente incompetente, inconsistente e trasparente. È uno che sul suo sito si spreme per capire perché «l’orso bruno non va più in letargo». Come dire: il suo guaio non è che dice quel che pensa: è che pensa davvero quel che dice. È un politico gassoso rimasto per anni nel posto sbagliato, e ora approdato finalmente in quello giusto: a bagno, in costume, alle Cinque Terre. L’unico posto, forse, dove non può nuocere. A una sola condizione: che non gli venga in mente di riciclare se stesso, né oggi né mai.

Sarebbe un colpo che non potremmo reggere.

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