E ora le «Donne del Sì» preparano la resistenza

Il Comitato non si scioglierà ma darà vita a un osservatorio sul funzionamento della legge

E ora le «Donne del Sì» preparano la resistenza

Gianni Pennacchi

da Roma

Vinte ma non dome, non è forse questa la grandezza delle donne? Eccola dunque Medea, nelle vesti di Emma Bonino, che ammette la sconfitta «a un livello che non pensavo», ma si proclama «orgogliosa di aver fatto questa battaglia». Il lutto s’addice ad Elettra, e la conduttrice televisiva Daniela Rosati è in camicetta scura, ma scende con falcata decisa dalla Maserati blu per conquistare il microfono e proclamare con voce grave: «Prepariamoci alla resistenza». Pensavate che si nascondesse, il «Comitato di donne laiche, liberali, radicali, cattolico-liberali per il sì al referendum»? Che disertassero l’appuntamento, schiacciate da quell’anoressico 26%? Non avete fiducia in Eschilo, perché le assenti, anche Roberta Capua e l’ex sindaca di Padova, Giustina Destro, eran giustificate. E le altre, alla fine della sofferta rappresentazione, si son fatte fotografare con gran sorrisi di sfida, esattamente come sul manifestino distribuito prima della debacle. Con Giuliana del Bufalo, Fedra, che dettava la didascalia: «Non è che l’inizio». Ovvio, continuons le combat.
Una composta veglia funebre senza lacrime, quella dipanatasi ieri alla chiusura dei seggi sino alle 17,30. In un’elegante grotta modernamente plastico-metallizzata dell’hotel Exedra, poca folla anch’essa in prevalenza femminile, come le protagoniste sedute al tavolo di presidenza che non accennano ad autocritica e men che mai accettano critiche, specie se da gole maschili. Ma rivelatore è il pur misurato buffet per ospiti e giornalisti: bustine di tè e tisane intonse, intoccate come l’aranciata, ma il caffé via a fiumi. E quando infine l’adunanza s’è sciolta, il Comitato s’è riunito a porte chiuse, su al bar, per attrezzarsi alla lotta di lunga durata. «Abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra», ha congedato i giornalisti Margherita Boniver. E in quel momento è giunta finalmente Elena, Luisa Todini, ex europarlamentare, di lino bianco vestita che sembrava un peplo. È scesa dalla Mercedes con l’autista come una dea, umanizzata però dal seggiolino per la figlioletta, e ha tirato su il morale: «Sì, sono delusa, ma siamo comunque una decina di milioni. E comunque, questa non è la vittoria del no, di chi dice che la legge va bene così com’è. Hanno vinto gli astensionisti, dunque se il Parlamento è responsabile deve rimettervi mano e correggere le storture».
Determinate, lucide e fredde eppure appassionate. Donne della tragedia greca, appunto. Come la Bonino che elenca le «tre vittime» di questo referendum, «la laicità dello Stato, l’autonomia della politica, l’istituto stesso del referendum». O Cassandra Boniver che staffila appena le domandano se ora è in pericolo anche la legge sull’aborto: «Assolutamente sì, è per questo che sono scesa in campo. Donne, attente!».
Voglia di riscatto: le donne di centrodestra per il sì, non sciolgono il Comitato, vogliono dar vita ad un «Osservatorio permanente pubblico sul funzionamento» della legge per la procreazione assistita. C’è Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, che fa notare come in Puglia, nonostante la recente vittoria di Nichi Vendola, il quorum è andato peggio che altrove, s’è fermato al 15%. Stefania Prestigiacomo, Antigone, anch’ella in nero stemperato appena dalla camicetta celeste, ammette che sì, lo strumento referendario ora è quasi morto, ma «la mia forza politica» - la casa del padre - «è nata da un referendum che aboliva il proporzionale, dunque a tutti deve stare a cuore questo strumento che va ripensato». Per la Boniver lo «strumento» è invece «morto e sepolto, esattamente come la Costituzione europea affossata dai referendum francese e olandese»; e «son morti anche gli istituti demoscopici», che han sparato sondaggi incredibili.
In trincea dunque, belle e possenti, pronte a respingere il nemico. Come Cassandra, nessuna ha dubbi ove adesso si sposti il fronte. «Non molliamo, a breve verrà fuori la modifica dell’aborto, perché legge 194 e 40 sono incompatibili», sorride Antigone.

«Ora toccheranno l’aborto e anche molto di più», avverte Antigone che denuncia «un problema di clima», minaccioso e grave. Chi l’ha detto che bisogna vincere? Nelle tragedie greche, le donne perdenti son sempre le più forti.

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