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E ora il mercato torna ricco con l’Arte povera

Dopo due anni di meditazione, alla «Messeplatz» di Basilea il mercato dell’arte torna a sorridere, anzi a gioire come nei tempi migliori. Era un bel pezzo che alla fiera che ogni anno riunisce le maggiori gallerie contemporanee non si assisteva a code di pubblico come in questa 41ma edizione. E con uno schieramento di vip del collezionismo planetario, dall’oligarca russo Abramovich a Bianca Jagger, dall’attore Val Kilmer all’italiana Gemma Testa. E anche gli affari hanno volato alto tanto da far dimenticare anche ai venti galleristi italiani presenti ad Art Basel gli spettri della crisi. Il merito stavolta va, manco a dirlo, ai collezionisti americani tornati alla grande ad affollare gli stand, grazie anche alla ripresa del dollaro. «Non è più come negli anni del boom quando gli stand andavano a ruba in mezz’ora -commenta a Basilea l’art advisor Edoardo Gnemmi- ma le gallerie sono ugualmente tornate a vendere tanto». Il record, in questi giorni, è del newyorkese Jan Krugier che alla fiera svizzera ha portato una trentina di Picasso. A soli cinque minuti dall’apertura, ha venduto la tela Personage 1960, Cannes per 15 milioni di dollari. «Un colpo significativo del nuovo corso -sottolinea l’esperto- che vede oggi molta più cautela verso gli artisti cool , come Damien Hirst o Anselm Reyle». Entrambi della scuderia di Larry Gagosian, il re del mercato, in bella mostra al primo piano.
Ma la vera tendenza di questa 41ma edizione di Art Basel è il grande ritorno dell’arte degli anni ’70 e ’80, oggi di gran lunga preferita alle giovani star anche dai modaioli collezionisti americani che, va detto, sono i più graditi ai galleristi europei: trattano poco e pagano subito. Tanto negli stand quanto nella sezione «Art Unlimited» dedicata alle installazioni giganti, dominano l’arte concettuale e la pittura tedesca e americana di quel periodo, in testa artisti come Sigmar Polke, Gerhard Richter e Jean Michel Basquiat. Per gli anni ’70, trionfo anche per l’Arte Povera italiana presente in dosi massicce nelle gallerie e anche nella mostra «Unlimited», dove campeggiavano un’«igloo» di Mario Merz -messo in vendita dalla galleria tedesca Konrad Fischer a un milione di euro- e Labirinto e grande pozzo di Michelangelo Pistoletto. La galleria newyorkese Barbara Gladstone ha venduto una Vetrata di Alighiero Boetti a 2 milioni e 200mila dollari. Ma le grandi vendite hanno beneficiato anche la pittura e l’arte degli ’80. La galleria newyorkese di Edward Tyler Nahem ha venduto Catarsis di Basquiat a 7,4 milioni di dollari, mentre la zurighese Hauser & Wirth ha piazzato un’enorme scultura di Paul McCarthy raffigurante Pisolo dei sette nani a 3 milioni di euro. Anche la fotografia di quegli anni ha fatto registrare il suo colpaccio: una foto della performer Cindy Sherman del ’79 intitolata Film Still- 48 è stata venduta a un milione e mezzo di dollari, un vero record. Sorridono e si leccano i baffi anche i mercanti italiani, come sempre i più reticenti a rivelare i prezzi.

Il milanese Tega, ad esempio, ha venduto un dipinto di Paul Klee, proprio mentre il bresciano Minini consegnava a un collezionista americano una scultura di Anish Kapoor e Continua di San Gimignano imballava tutti i suoi Specchi di Pistoletto. Per loro anche, quest’anno, Basilea è valsa bene una... Messe.

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